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Il team di Cascina Bosco è pronto a ripartire

La data è ancora incerta, ma intanto all’agriturismo si corre per salvare affari e ristorante alla luce delle regole sul distanziamento che decimeranno i coperti: da 40 a 7

di Barbara Calderola

Reinventarsi per non morire, sperando nella riapertura. Conto alla rovescia a Cascina Bosco, storico agriturismo di Pessano, alla quarta generazione che ne ha passati di guai "ma il Covid è una tegola senza precedenti". La data è ancora incerta, ma intanto si corre per salvare affari e ristorante alla luce delle regole sul distanziamento che decimeranno i coperti: da 40 a 7. Un’ecatombe che qui almeno d’estate si potrà evitare sfruttando l’enorme esterno – 10mila metri quadrati –, ma se lo spazio non è un problema resta da superare la paura dei clienti, "lo scoglio più difficile". "Siamo chiusi dall’8 marzo – dice Luca Meroni, il 25enne titolare, con lui uno staff di coetanei – il 2020 rischia di essere l’anno della catastrofe. Abbiamo lasciato per strada il 25% di fatturato e non riusciremo a recuperare". I calcoli sono semplici, il risultato, doloroso. "Gli ingressi nelle strutture come la nostra sono contingentati da sempre, abbiamo a disposizione 175 posti pasto a settimana, durante il lockdown abbiamo perso 1.400 clienti. Senza contare cresime e comunioni, avevamo l’agenda piene, ma abbiamo dovuto cancellare tutto. Stiamo ricevendo prenotazioni per novembre, tante parrocchie hanno rinviato le cerimonie in autunno, ma la verità è che comanda il virus e non ci sono certezze". Per contrastare lo tsunami economico che accompagna l’emergenza sanitaria è stato aperto lo spaccio per la vendita diretta: "Abbiamo evitato soluzioni improvvisate come l’attività d’asporto, non eravamo preparati, abbiamo preferito raddoppiare l’orto e inaugurare il negozio con un sistema di prenotazione e consegna che rispetta tutte le prescrizioni di sicurezza. La famiglia ordina al telefono, noi prepariamo la cassetta e loro passano a ritirarla. Prima dell’epidemia il 70% delle nostre verdure finiva in cucina, ora, nelle dispense domestiche. Vendiamo anche miele e uova, tutti prodotti a km zero. È l’unica novità positiva di questo periodaccio. Una goccia nel mare, - la Cascina dà lavoro a cinque persone -, ma è un canale che manterremo". "Fino al 1990 qui ruotava tutto attorno alla stalla e alle vacche, - ricorda il giovane proprietario - poi siamo entrati nel food". Adesso, ci si prepara a un altro salto mortale. "Sanificazione, mascherine, monouso sono i nuovi costi fissi, ma non siamo ancora riusciti a ottenere il prestito di 25mila euro con garanzia del governo. È come accendere un mutuo, una corsa a ostacoli. Eppure noi di quei soldi abbiamo bisogno come dell’aria".