
Paola Nicolai con l’adorato levriero Ugo Parte del ricavato della sua autobiografia servirà a sostenere «persone come me che non hanno mezzi per curarsi»
Il suo 8 Marzo è qualcosa di più di una ricorrenza. È la festa di una svolta. Di un ritorno alla vita dopo l’ictus che le ha tolto le parole, ma lei non si è mai arresa. Per Paola Nicolai, imprenditrice milanese che ha un’agenzia di comunicazione, la malattia ha segnato un prima e un dopo. "Mi ha regalato un nuovo sguardo sulla vita e sul lavoro. Ho raccontato tutto in un libro per aiutare chi come me soffre di afasia". “Ho ascoltato la mia voce“ (Bookness, 2024) è il titolo dell’autobiografia nella quale non ha nascosto le difficoltà. Parte del ricavato sosterrà le persone come lei "perché non tutti possono permettersi le cure".
Una vita frenetica fra clienti importanti ed eventi si interrompe all’improvviso una sera di ottobre di quattro anni fa. Paola all’apparenza aveva tutto "ma non ero felice", racconta. "L’ictus mi ha tolto molto, ma mi ha offerto anche l’opportunità di cambiare e di essere una persona migliore". All’improvviso "mi sono ritrovata muta, non riuscivo più a mettere insieme due sillabe". Comincia così un lungo percorso di logopedia. "Sono ripartita mettendo insieme le vocali" e solo dopo tanti sforzi è riuscita a pronunciare di nuovo tutte le lettere dell’alfabeto. Adesso le cose vanno meglio "ma chi mi ascolta e non sa cosa è successo crede che io sia straniera".
L’impossibilità di parlare, si rivela un’opportunità. "Ero diventata più creativa, davanti a me vedevo nuove possibilità. Adesso riesco ad apprezzare anche le piccole cose, e in questo ho avuto un maestro impareggiabile: Ugo", il suo piccolo levriero italiano. Una storia, la loro, intrecciata dal destino, "lui è nato ad Ascoli Piceno, la città di mia madre, il 6 novembre 2021, il giorno in cui io sono uscita dall’ospedale". L’incontro avviene grazie a un’amica che ha un esemplare della stessa razza e fa scoccare la scintilla in lei, che fino a quel momento aveva avuto solo gatti. La pet-therapy si rivela la chiave per un approccio diverso al mondo e alle relazioni. "È il mio maestro di vita. La sua gioia per una crocchetta o una passeggiata al sole mi ha insegnato il valore di essere grata all’esistenza. A non avere l’ansia di essere perfetta come prima. A non dimenticare che il bello è nei dettagli. Quando l’ho visto, ho sentito da subito la sua anima piccola ma grande. Ed è cambiato tutto". "Ugo mi ha dato la forza per uscire. Passeggio con lui e tutti mi parlano: mi collega al mondo". Si sente così sicura con il suo amico da aver affrontato un viaggio in Messico. Un’altra conquista, un’indipendenza vera assaporata fino all’ultima goccia.
E grazie al suo cagnolino Paola vince anche la sfida con la professione, la più difficile. "Pensate a un cliente che si rivolge a un’agenzia di comunicazione con la titolare muta", dice. Un problema superato grazie all’aiuto dei collaboratori che "fanno tanto, più di prima". E le difficoltà diventano quasi un privilegio. "Per me parlare implica uno sforzo enorme, quindi mi limito all’essenziale. Ma i miei problemi nell’esprimermi fanno sì che mi ascolta presti molta più attenzione. E questo è davvero importante". Ha deciso di spendersi anche per gli altri malati: "Ho scritto il libro per spronare tutti a non mollare. A non cedere al vittimismo. L’afasia è poco conosciuta. In Italia oggi ci sono 150mila casi ma gli ictus ogni anno sono 120mila di cui 15mila con deficit importanti del linguaggio. Io sono stata fortunata, sono intervenuta subito e sto migliorando. Ma non è così per tutti e io volevo fare qualcosa per chi non ha i mezzi". E così ha deciso di aiutare Aita (Associazione italiani afasici).