di Federica Pacella
Prima il caldo anomalo di gennaio che disorientava le api e la siccità che ha mandato in stress idrico le piante. Poi le gelate di aprile che hanno causato danni diretti ai germogli di acacia in fase di sviluppo. Ora è arrivato il maltempo a frenare la speranza di fioriture ‘normali’. Così il meteo sta mettendo a dura prova l’apicoltura: la stima dell’Osservatorio nazionale miele è che la perdita di produzione per i raccolti primaverili dei mesi di aprile e maggio possa essere anche dell’80% rispetto alla scorsa stagione 2022. Al mancato reddito si aggiungono gli elevati costi delle nutrizioni di soccorso per salvare le famiglie.
In Lombardia, dove si contano 4mila apicoltori, Apilombardia ha attivato la raccolta delle segnalazioni di danno delle singole aziende per attivare la procedura con gli Utr e la Provincia di Sondrio. Secondo quanto comunicato dal direttore Federico Valobra, l’associazione ha già raccolto segnalazioni da 166 aziende lombarde che insieme allevano 31.500 alveari circa. Per il solo miele di robinia, la produzione del 2023 si attesta a 2,63 kgalveare contro una media di produzione di 11,27 kgalveare del triennio 2020-2022, con un danno calcolato in 2,5 milioni di euro. Entrando nel dettaglio delle segnalazioni arrivate dalle singole province, si parla di danni medi di 13.826 euro a Bergamo, 13.676 a Brescia, 10.734 a Como, 6.194 a Cremona, 20.574 euro a Lecco, 5.540 euro a Lodi, 21.622 euro a Mantova, 6.353 euro a Milano, 7.986 euro a Monza, 11.643 a Pavia, 29.343 a Sondrio, 30.725 a Varese.
"Il dato che salta all’occhio è l’incidenza del danno sull’ultimo triennio – sottolinea Valobra – contraddistinto da una media produttiva gravemente insufficiente". Parliamo infatti, in media, di un’incidenza del danno del 74,37%. Anche Coldiretti ha lanciato l’allarme per i 160mila alveari lombardi. "Stiamo lavorando solo per nutrire le api – racconta Valentina Cella, apicoltrice di Cazzago San Martino che conta 240 arnie –. Se va avanti così, la produzione sarà del 60-70% in meno. Il freddo minaccia la fioritura di castagno, tiglio, ailanto". "Su 400 apicoltri associati – evidenzia Claudio Vertuan, presidente dell’Associazione Apicoltori Brescia, socio Confagricoltura – solo una ventina ha prodotto, ma con quantità inferiori agli altri anni. Le regine hanno fatto il blocco di covata per assenza di cibo".
Si cerca di correre ai ripari. Da un ingegnere del Politecnico, Niccolò Calandri, è nato in questi anni un progetto per monitorare la salute delle api e il primo summit della Biodiversità che è stato organizzato a maggio a Milano. L’obiettivo di 3 Bee è "la salvaguardia le api creando una rete di cittadini consapevoli, che possono contribuire partecipando al più grande progetto di studio e ricerca dedicato alle api e alla biodiversità". C’è il progetto “adotta un alveare” che in tempo reale, 24 ore su 24, permette di controllare il benessere delle api. "Ogni alveare è curato e gestito esclusivamente con metodi sostenibili - spiegano gli ideatori - e gli apicoltori utilizzano la tecnologia 3Bee che permette loro di programmare al meglio l’attività e ottimizzarne la gestione, mediante il monitoraggio di peso, temperatura interna ed esterna, umidità e intensità sonora. Attraverso la tecnologia 3Bee, ogni adozione consente di proteggere da mille fino a 10 mila api e produrre fino a cinque chili di miele". Si possono adottare anche le api "osmie", api selvatiche e solitarie di cui nessuno si prende cura, spesso dimenticate e lasciate in balia degli eventi e del cambiamento climatico, ospitando una casetta di legno sul balcone.