Maria Rita
Parsi
Quello commesso da Mario Bressi che ha strangolato i suoi due figli gemelli e si è suicidato non è soltanto un duplice “figlicidio” e un suicidio premeditato. È un’autentica strage familiare. E un femminicidio ben più grave di ogni altro femminicidio. Bressi ha voluto condannare sua moglie a sentirsi, per sempre, colpevole di aver affidato ad un assassino i suoi figli. E di aver distrutto, con la sua decisione di separarsi, la famiglia che è lui, invece, ad aver voluto cancellare col sangue. Un femminicidio morale, una premeditata, inumana vendetta per criminalizzare un rifiuto di cui non prendersi alcuna responsabilità. Infatti chi non si assume la sua parte di responsabilità di fronte alla fine di un rapporto, considera sempre l’altro colpevole di un abbandono a cui ha certamente contribuito. E, soprattutto, non accetta il principio che “separarsi bene”, in modo sereno, corretto, umano, consapevole, costituisca un motivo per crescere e capire i perché della fine di un amore. E che, gestendo le cose in tal modo, questa sia, perfino, una risorsa per i figli. Chi non ci riesce spesso alimenta l’onnipotenza dell’odio che, in questo caso estremo, ha usato la condanna a morte per coprire la profonda impotenza.
Non a caso quell’assassino si è sottratto alla condanna del suo gesto inumano, suicidandosi. Per riunirsi, nella morte, ai figli che ha ucciso e per condannare ad una solitudine da incubo una madre che, nel tempo, dovrà elaborare il lutto dell’inaccettabile perdita delle due creature che ha messo al mondo, dando vita alle forme della vita. E che ha allevato, per 12 anni. È una madre che dovrà misurarsi con il senso di colpa di aver indirettamente “slatentizzato” la rabbia abbandonica di suo marito, determinando in lui la volontà di infliggerle un atroce castigo. Così, opera infatti il potere distruttivo che vuole il controllo sulla vita degli altri e pretende di ostacolare e di vietare ogni civile libertà di scegliere e di agire. Se non nel senso di quel che esige la dittatura che instaura! E alimenta sensi di colpa, odio, vendetta. E, ancora, può arrivare ad uccidere, per sfogare il narcisismo maligno del suo irrisarcibile vuoto. Non esistono, per questi inumani soggetti, le ragioni degli altri. Non c’è empatia ma soltanto utilizzo della persecuzione, della calunnia, del ricatto, della mortale vendetta. © RIPRODUZIONE RISERVATA