Claudio
Negri
Ho vinto il premio Nobel per la letteratura. Peccato sia successo su un altro piano di realtà del tutto simile, ma non troppo, a quello in cui viviamo. Credo vi sia già nota la simpatica teoria: il nostro sarebbe solo uno degli infiniti universi, bolla di sapone tra le altre, generate senza posa come da un misterioso bagnoschiuma in una vasca senza confini. In tal modo, essendo gli universi in numero infinito, sarebbero infinite anche le possibilità, comprese le più astruse. Così, in una delle tante bolle, io prendo a calci il re di Svezia (me ne scuso preventivamente) e in altre il re prende a calci me. In altre ancora sono un killer seriale, un santo bevitore, un dongiovanni fatto e finito, compresa la statua del Commendatore. In qualche altra avrò in capelli verdi o una proboscide al posto del naso. O – perché no? - più proboscidi. Come si riesca ad avere un minimo di vita sociale con svariate proboscidi appese alla faccia non ne ho proprio idea, ma c’è da supporre che un banale raffreddore, da quelle parti, sarebbe una tragedia cosmica. Scherzi delle possibilità, elevate all’ennesima potenza. Al limite, mi piacerebbe poter visitare universi in cui è sempre un giovedì pomeriggio parigino e lei, Fabienne, scende dal taxi e corre leggera e sorridente verso di me mentre tutto intorno è solamente pioggia e Francia. Una bolla-cover di Paolo Conte. E se poi mi stancassi della Francia, della pioggia e – pardon – di Fabienne? In un multiverso non mancherebbero le alterative. Che riguardano comunque tutti noi, dal presidente della galassia all’atomo di idrogeno e alla minima fluttuazione quantistica. Senza fine, proprio. Meglio non pensarci troppo: finirei per preoccuparmi delle cattive reputazioni dal sottoscritto godute - si fa per dire - in altre bolle. L’universo che ho provvisoriamente ad uso foresteria mi basta: mi illudo, come Pangloss, che sia il meglio in commercio. Le altre bolle? Affari loro: il naufragar non m’è dolce in questo mare.