
Più di cento ragazzi si sono esibiti in “The Greatest Showman“ all’interno del carcere di Bollate
“The Greatest Showman“ va in scena all’interno del carcere di Bollate. Sul palco e dietro le quinte un centinaio di studenti del Leone XIII di Milano con i loro professori e il regista Filippo Tampieri: hanno voluto donare il tradizionale spettacolo di fine anno ai detenuti. "Per noi che ci proponiamo di formare uomini e donne per gli altri, questo gesto assume un significato speciale", sottolinea il direttore generale del Leone XIII, Vincenzo Sibillo, insieme al legale rappresentante, padre Vitangelo Denora. Anche i genitori si sono messi in gioco, per sostenere lo spettacolo e aiutarli ad allestire il musical nel modo più professionale possibile.
"È stata un’esperienza emotivamente molto forte e diversa da come me l’ero immaginata – racconta Leonardo del Bo, 18 anni, studente del liceo scientifico –. Appena arrivati mi sono sentito subito accolto dalle persone che abbiamo incontrato. Grande naturalezza, nessuna tensione, voglia di conoscersi. Sono stati tutti davvero gentilissimi, hanno fatto a gara ad aiutarci nei preparativi e anche dopo, quando abbiamo smontato le scenografie". "È stato molto interessante – aggiunge un compagno, Filippo Giorgetti –: questa esperienza ci ha mostrato quello che, anche da studenti, possiamo portare quando costruiamo qualcosa e lavoriamo insieme". A maggior ragione entrando nella trama, affrontando il fallimento con il protagonista della storia, Phineas Taylor Barnum, per una vera rinascita.
"Il messaggio di questo musical è che ognuno è unico, ognuno ha davanti a sé la propria strada e alla fine può trovare il modo per raggiungerla – prosegue Filippo –. Proprio per il luogo in cui è andato in scena, mi sembra che il musical abbia trasmesso un messaggio molto importante e, dalle bellissime reazioni del pubblico, sono convinto che questo messaggio sia arrivato nel profondo". "Non mi sono sentita osservata da sguardi “brutti“, ma da sguardi pieni di gratitudine", commenta “a caldo“ Sara Bottiani, 18 anni.
Il pubblico di Bollate, commosso, ha incoraggiato i ragazzi con grandi applausi. "L’idea di condividere la loro arte con alcuni detenuti è nata dal desiderio di offrire un momento di svago e leggerezza a persone che vivono una realtà difficile – spiega Elisabetta Brun, docente di Lettere –. Tutti hanno accolto subito e con entusiasmo questa proposta, sia la direzione del carcere, sia i nostri studenti e le loro famiglie, consapevoli del valore educativo e umano di un’esperienza così significativa". Una lezione importante per gli stessi liceali che, oltre a esibirsi, hanno potuto sperimentare il valore della solidarietà e dell’impegno sociale.
Ogni anno arrivano diverse proposte nell’istituto penitenziario: davanti al progetto del Leone XIII non ci sono stati dubbi. "Ci sembrava particolarmente significativo nella direzione di una promozione della cultura del bello e dell’inclusione – conferma Catia Bianchi, referente per le attività culturali, ricreative e sportive della casa reclusione di Bollate –. Il senso delle attività che proponiamo qui in carcere non è infatti tanto quello di intrattenere, o banalmente, “di far passare il tempo”, ma quello di offrire delle possibilità, di dare degli spunti per cambiare le proprie vite".
A far da ponte tra la scuola e il carcere è stato anche Guido Chiaretti, presidente di Sesta Opera San Fedele, l’associazione di volontariato penitenziario che fa riferimento alla comunità dei Padri Gesuiti del Centro San Fedele di Milano e che - da più di cent’anni - presta il suo servizio nelle carceri di Milano e provincia.