REDAZIONE MILANO

Il caso Yara e la verità processuale

"Il caso entrerà nei manuali di criminologia per gli aspetti investigativi seguiti, ma non può essere ridotto a chi vince o perde, a chi fa la scelta giusta o sbagliata. Va ricondotto a un solo schema: giungere a una verità, processuale"

A MIO AVVISO fa benissimo Bossetti a chiedere di poter parlare con il pm. Secondo me non è stato lui, hanno solo il dna che significa quasi zero senza altri riscontri. Ci sono illazioni, immagini sfocate e ricordi che dopo anni riaffiorano alla mente, ma vere prove no. In un quadro investigativo simile, ancora tutto da definire non si colpevolizza in questo modo una persona. Giampi, da ilgiorno.it

INNOCENTISTI, colpevolisti: il caso Yara è il caso dell’estate. Riesploso con il fermo di Massimo Giuseppe Bossetti il 16 giugno, in piena aria Mundial, è stato contaminato dall’aria pallonara ed è diventato un derby sul Dna, indizio che inchioda o che tale è e nulla prova? Mettiamoci l’aspetto pruriginoso delle paternità e gli ingredienti per dare il via a confronti che fanno scordare la vera finalità dell’indagine, trovare chi ha ucciso una ragazzina di tredici anni, ci sono tutti. Il caso entrerà nei manuali di criminologia per gli aspetti investigativi seguiti, ma non può essere ridotto a chi vince o perde, a chi fa la scelta giusta o sbagliata. Va ricondotto a un solo schema: giungere a una verità, processuale. Senza accanimento, come sollecitato dal garante della privacy. Quindi attendiamo, evitando i «tecnici» da bar. ivano.costa@ilgiorno.net