I rulli di Manzoni e l’omino Lagostina In mostra c’è la linea (senza incroci)

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di Gian Marco Walch

Un’unica protagonista per due artisti entrati prepotentemente nella storia. Un tratto semplicissimo, in apparenza anonimo, ma uno dei tre elementi che Wassily Kandinskij nel 1922 definì essenziali per definire la forma: la superficie, il punto e, appunto, la linea. E fu proprio la linea, la normalissima, per non dire banale, linea ad accendere la creatività nel 1959 di Piero Manzoni e, dieci anni dopo, di Osvaldo Cavandoli. Due giganti dell’arte. Manzoni in senso stretto: pioniere del “concettuale“, inventore iconoclasta delle “Linee”. Tratti tracciati in orizzontale su rulli di carta di lunghezze variabili, sino a un ipotetico infinto, nascosti in misteriosi cilindri sigillati.

L’idea, il concetto, che prevale sull’ideazione, anzi, che riassume l’ideazione: opere a quel tempo quasi incomprensibili, incomprese, e forse molti si chiedono ancora che mai significhino. Cavandoli artista in senso lato: padre di brevissimi cartoni animati andati in onda nei mitici Caroselli tv degli anni Settanta e Ottanta.

L’omino filiforme che sbraitava, incomprensibile, ingenuo e collerico, per fare la pubblicità, come si diceva allora, ai prodotti Lagostina, il cui patron Emilio aveva avuto il coraggio illuminato di farne l’attore del suo brand. Due linee lontanissime, in mostra ora, sino al 30 giugno, nei locali della galleria Clivio, in Foro Buonaparte 48. Una mostra singolare e intelligente. Curata da Anna Dusi e Flaminio Gualdoni, critico di lungo corso che così la spiega: "Il senso di questo allestimento non è cercare affinità tra i due autori, ma testimoniare come l’elemento più essenziale dell’arte, la semplice linea, abbia dato vita a esperienze diverse, ma caratterizzate da una straordinaria carica innovativa".

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