Più di mille persone sono state già assunte con il Pnrr dalle tre università pubbliche milanesi: 1.012 tra ricercatori, tecnologi e tecnici che, tra la fine del 2025 e il 2026, si troveranno davanti al bivio, col contratto in scadenza. "Abbiamo investito sul capitale umano, non solo in infrastrutture. Non possiamo perdere tutto questo e si deve investire di più: serve massa critica per il Paese, rimaniamo ancora uno dei Paesi europei con meno ricercatori, nonostante l’alta qualità della nostra ricerca". A inquadrare risultati e prospettive è Maria Pia Abbracchio, docente di Farmacologia alla Statale di Milano, prorettrice vicaria e alla Ricerca e all’Innovazione durante il rettorato di Elio Franzini e promotrice del “Restarting Grant“ per le madri ricercatrici. A settembre 2024, solo alla Statale risultavano assunti con i fondi di Next Generation Eu 329 dottorandi, 313 assegnisti di ricerca (post-doc), 77 ricercatori a tempo determinato di tipo A (Rtda, con scadenza a tre anni dall’inizio del contratto), 15 tecnologi e 14 amministrativi: 748 persone in tutto. "Per loro al momento non è prevista nessuna misura strutturale da parte del Ministero né dai singoli atenei – spiega Abbracchio –. A mio avviso, le figure più fragili sono gli assegnisti e gli Rtda, i più difficili da assorbire da parte del territorio. Il rischio è che vadano a fare altri mestieri e che si disperda l’investimento fatto su queste figure con un training specifico e faticoso". Oltre ai ricercatori, la Statale ha puntato molto anche su tecnologi e amministrativi in vista del trasloco nel campus Mind.
"In questi sei anni abbiamo introdotto strumenti nuovi per affrontare sfide nuove e per cercare come università di superare alcuni ostacoli che ancora penalizzano il sistema italiano, attirando talenti dall’estero e cercando di trattenere i nostri cervelli, aiutando le ricercatrici madri a rientrare dopo la maternità, incentivando la ricerca di base e facendo scouting sulle idee che possono essere traslate in applicazioni immediatamente utili al Paese". Tra gli strumenti, bandi interni per progetti interdisciplinari: fisici, medici, chimici, giuristi, sociologi e umanisti lavorano su un tema comune. "Già con il primo bando ’Seed’ abbiamo analizzato 150 progetti e abbiamo introdotto una nuova modalità di arbitraggio, creando una comunità interna all’ateneo di altissimo valore per valutarli. L’albo degli scienziati è riservato e, come succede in altre università europee, ci si assume la responsabilità di prendere decisioni che abbiano impatto". Si sono intercettati così anche 130 milioni di euro dal Pnrr.
"Durante la pandemia è stata avviata una forte attività di scouting interno – continua la professoressa – con gruppi di lavoro che hanno coinvolto poi più di mille docenti attorno alle nove grandi sfide di ateneo, dall’ambiente alla sicurezza informatica; dalla salute alla didattica innovativa. Abbiamo chiesto ai nostri docenti cosa potessero fare loro per l’ateneo e per il Paese, e non viceversa".
Un ostacolo ancora da superare è quello delle progressioni di carriera come pure la forbice tra stipendi che in Germania e Francia valgono più del doppio (per non guardare oltreoceano). "Dobbiamo ridurre il mismatch – conclude Abbracchio –: i nostri ricercatori vincono tanti Erc e premi ma poi rischiano di andare all’estero se non si creano le giuste condizioni. Ed è il Paese a perderci. Si preannunciano nuovi tagli al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei, ma è tempo di investire nella ricerca e nel capitale umano e di pensare al post Pnrr".