I giudici chiudono il caso parcheggio. E il Comune dice addio a 19,7 milioni

Via Vittor Pisani, ricorso in ritardo e contratto già rescisso: così i gestori (inadempienti) non dovranno versare nulla

Parcheggio interrato via Vittor Pisani

Parcheggio interrato via Vittor Pisani

di Nicola Palma

Un ricorso dietro l’altro. Un contenzioso legale andato avanti all’infinito. Da una parte il Comune, dall’altra i gestori del parcheggio interrato di via Vittor Pisani. Dal Tribunale civile a quello amministrativo, la battaglia a colpi di carte bollate è iniziata 14 anni fa e si è conclusa (a meno di ulteriori impugnazioni) nei giorni scorsi con l’estinzione del giudizio, decretata dal Tar. E a perderci, almeno a leggere gli atti, è Palazzo Marino, che, secondo un precedente verdetto del Consiglio di Stato, si è trovato a duellare con una società che non ha fatto le cose a regola d’arte e dalla quale avrebbe quindi avuto diritto di pretendere ciò che non è mai stato pagato. In ballo c’erano quasi 20 milioni di euro, che ora sembrano svaniti nel nulla. La vicenda è talmente intricata da richiedere una trattazione per tappe, con ricostruzione cronologica dei fatti accaduti.

Per farlo, bisogna tornare indietro di 40 anni, al 28 settembre 1982: quel giorno, l’amministrazione di piazza Scala stipula con Angelo Mascheroni e con la srl da lui controllata Parkimed un contratto di concessione a costruire e gestire (una sorta di project financing ante litteram) un’autorimessa al civico 15A di via Vittor Pisani, a due passi dalla Stazione Centrale. La complessa operazione economica, come sancito da un pronunciamento della Cassazione datato 1995, consta di due "distinti negozi": il contratto di appalto tra il Comune e l’impresa individuale Angelo Mascheroni, "che, in qualità di appaltatrice, si era obbligata a costruire l’autorimessa"; il contratto di concessione di gestione di pubblico servizio, avente durata trentennale, tra il Comune e la società Parkimed srl, "avente ad oggetto la gestione dell’autorimessa". I patti prevedono che il Comune anticipi l’onere per il mutuo bancario quindicennale da 8 miliardi di lire (sui 12 di valore complessivo dell’opera), "per poi ricevere dalla società di gestione il relativo rimborso in forma di canone di concessione". Il rapporto del dare-avere è legato ai bilanci convenzionali annuali, che però diventano presto oggetto di contestazioni reciproche. Dal canto suo, il Comune accusa Parkimed di non averli compilati correttamente: in sostanza, i legali dell’ente pubblico sostengono che la controparte non abbia indicato tra i ricavi gli incassi dell’autorimessa "secondo il criterio convenzionalmente stabilito e cioè in misura di 2.060.000 presenze orarie annue", inserendo invece un valore pari a 0 nel 1996 e poi "di sole 500.000 presenze orarie annue a partire dal 1997". Una voragine, calcolatrice alla mano, da più di 60 milioni di euro.

Per Parkimed non è così: sarebbe stata l’amministrazione a non rispettare gli accordi su più fronti, compreso quello della sistemazione della viabilità di superficie. Così il 27 aprile 2007 Parkimed e Mascheroni si rivolgono al Tribunale civile per veder riconosciuti gli inadempimenti del Comune e ottenere di conseguenza i corrispettivi per la gestione del parcheggio. L’amministrazione si oppone, contestando i bilanci e chiedendo che i conti vengano corretti "per recuperare le somme pagate per la realizzazione dell’opera". Il 10 luglio 2015, i giudici respingono le richieste di Parkimed, ma si dichiarano incompetenti sulla domanda di Palazzo Marino. La palla passa al Tar, a cui l’amministrazione si rivolge (occhio alla data, tornerà in seguito) il 20 maggio 2016. A quel punto, pure Parkimed si muove, chiedendo 60,6 milioni di euro per le "somme dovute in base al contratto" tra il 1996 e il 2016. I decreti ingiuntivi (uno da 57,6 milioni e uno da 3) vengono però revocati dal Tribunale amministrativo. Nel frattempo, il Comune ha già avviato un’altra causa al Tar per ottenere la risoluzione del contratto con Parkimed "per grave inadempimento" e la restituzione dell’autosilo. La società si costituisce a sua volta, chiedendo la stessa cosa con motivazioni opposte. Il 21 gennaio 2019, il Tar dà torto a entrambi, pur risolvendo il contratto per volontà condivisa dalle parti di non eseguirlo. Dieci mesi dopo, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune su tutta la linea: è stata Parkimed a violare le regole.

E ora? Il 9 giugno scorso, i giudici del Tar sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso del 2016, quello presentato dal Comune dopo la sentenza del Tribunale civile per ottenere sia il pagamento da Parkimed di 15 milioni di euro (tra rate del mutuo anticipate e conguaglio positivo dei bilanci) che la restituzione di altri 4,7 (4 più 0,7 di interessi) erroneamente versati. Per i giudici, che martedì hanno reso note le motivazioni, l’istanza dell’amministrazione è stata presentata fuori tempo massimo. Sì, perché il verdetto del Tribunale civile è passato in giudicato il 10 febbraio 2016. Da quel momento, il Comune aveva 90 giorni per la riassunzione della causa al Tar, ma il ricorso è stato spedito per la notificazione "solo" il 20 maggio 2016, cioè 10 giorni dopo la deadline. Conclusione: "Estinzione per intempestività della riassunzione". A dire il vero, hanno aggiunto i giudici, anche se non ci fosse stato questo ritardo, il ricorso sarebbe stato comunque dichiarato inammissibile. Il motivo? Non si può chiedere l’adempimento di un contratto di cui si è già ottenuta la risoluzione.

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