
Hayez e il demone dell’eros Il doppio volto dell’autore del “Bacio“
Piero
Lotito
È lui, Hayez, il campione del Romanticismo. Il suo Bacio conservato alla Pinacoteca di Brera fa andare tutti in solluchero: visitatori, storici e mondo pop: i primi si commuovono di fronte a tanta tenerezza, i secondi ci vedono la rappresentazione pittorica dell’anelito risorgimentale, l’ultimo lo stampa sulle scatole di cioccolatini e perfino sulle pareti delle ville di periferia.
Giramondo pittore veneziano che a Milano trovò consacrazione e alla città lasciò indubbi capolavori, Francesco Hayez ha anche lasciato ai posteri, oltre a numerosi autoritratti a olio, anche un pruriginoso ritratto di sé come protagonista di impavide acrobazie sessuali in compagnia d’una bella e procace milanese, Carolina Zucchi. In un certo modo, autoritratti questi stessi, visto che documentano i funambolismi dell’autore in una serie di schizzi nei quali, in pochi tratti, vengono fissati i momenti topici di accoppiamenti e altre carinerie. Un artista bifronte, il maestro di Brera: da una parte, il creatore eccelso di opere caste e, appunto, romanticamente ispirate a multiformi ideali; dall’altra, un impenitente sessuomane. Un “pittor Jekill e mister Hayez”, si potrebbe dire. Fosse stato, mettiamo, in possesso di uno smartphone, il veneziano non avrebbe esitato a girare piccantissimi video dei suoi incontri amorosi con la citata Carolina, sua allieva, modella e amante dal 1822 al 1830.
"Incontri amorosi", abbiamo scritto, cedendo a una sorta di autocensura indotta da una residua incredulità e anche dal tentativo di continuare a credere al Romanticismo del nostro, al suo sforzo di edulcorare il reale. Più fedelmente, dovremmo parlare di giochi erotici, copule, amplessi, abilmente registrati da Hayez con i mezzi più veloci dei quali poteva disporre, carta e pennelli, che ovviamente maneggiava da maestro. Sono illustrati, quei rendez-vous che a volte duravano ore, in 19 bozzetti scoperti poco più di venti anni fa tra le carte dei discendenti del ragionier Zucchi, nel cui salotto milanese, aperto ad artisti e intellettuali, Hayez conobbe un bel giorno Carolina, bellissima figlia del padrone di casa.
Nato a Venezia il 10 febbraio 1791 da famiglia molto povera, Hayez fu affidato a una zia di agiate condizioni che viveva a Milano con il marito antiquario Francesco Binasco, il quale ben presto intuì il talento artistico del ragazzo e lo affidò a più di un maestro, anche facendolo tornare a Venezia. Qui, già nel 1805, il giovanissimo Francesco vinse il primo premio d’un concorso per il disegno di nudo (niente da fare, era predisposto per il genere). Passato sotto l’ala protettiva del conte Leopoldo Cicognara, presidente dell’Accademia di Venezia, Hayez vinse anche un concorso per una borsa di studio a Roma, dove si trasferì diciottenne nel 1809. Qui venne presentato ad Antonio Canova, sommo artista di fama e di potere, che lo avvicinò alle maggiori collezioni romane, perché vi studiasse la statuaria greco-romana. Hayez poi ottenne il permesso di frequentare le Stanze Vaticane, dove si misurò con la grandezza di Raffaello. Studiava, ma volentieri si offriva anche agli svaghi offerti da una città come Roma. Pieno com’era di talento e, insieme, di spirito gaudente, dirà più avanti: "Chi mi vedeva allo studio e poi in compagnia avrebbe trovato due uomini ben diversi".
Ma questo è l’avvio della storia professionale di Hayez, talmente densa da non poter essere qui che accennata. Ci soffermiamo invece sugli aspetti privati – intimi – della sua vita, pur senza tralasciarne i risvolti artistici (appunto quei 19 bozzetti…). Va dunque detto che dopo aver sedotto nel 1817 la figlia sposata del maggiordomo dell’ambasciata del Regno Italico ed essere stato da questi rudemente aggredito, Hayez sposa a Roma la dolce Vincenza Scaccia, dalla quale non si separerà che alla morte di lei, nel 1869, pur tradendola innumerevoli volte. A Milano, qualche anno dopo il matrimonio, eccolo nel salotto del ragionier Zucchi, affollato di pittori, scultori e musicisti tra i quali Bellini e Donizetti. Tra un biscotto e una battuta, s’invaghisce della sensuale Carolina, la quale, d’una decina di anni più giovane, appassionata di litografia, va a prendere da lui alcune lezioni, prestandosi anche a fargli da modella. Ma galeotto è il cavalletto ‒ meglio, il largo piedistallo sul quale lei posa ‒: Hayez le si avvicina, le titilla i capezzoli, fa correre più in giù la mano. Lei un po’ si ritrae e gli ricorda di essere sposato. Ma lui minimizza, spiegando che il suo legame con Vincenza è molto libero. Il resto viene da sé, per lunghi anni e anche con notevoli risultati artistici. Si ritiene che Carolina abbia posato per opere come L’ultimo bacio dato a Giulietta da Romeo (1823), La Maddalena penitente (1825), La malata (certamente lei, 1825), Betsabea al bagno (1834), Ruth (1835), Odalisca sdraiata (1839) e altri.
Anche quando il loro rapporto, inframmezzato da altri amori del compulsivo Hayez (con Adele Appiani, nipote di Andrea, per esempio), cesserà, Carolina proseguirà a fargli da modella, e nelle sue Memorie del 1833, descrivendo papale papale quelle sedute da Kamasutra, così scriverà: "La nostra intimità era una continua e libera sperimentazione, volta non a mettere al mondo dei figli (Francesco aveva già scoperto di non poterne avere), ma solo a raggiungere il piacere". Anche Hayez detterà tra il 1869 e il 1875 all’amica Giuseppina Negroni Prati Morosini le proprie Memorie, che verranno pubblicate nel 1890. Vi ricorderà il lavoro e le donne della sua vita, compresa Carolina, citata con affetto ma in poche parole, come in un colpo di pennello: quel che è stato è stato. Carolina morirà ancora giovane nel 1848. Francesco, 91enne, nel 1882. "Carissimo di bontà, modestia e pietà cristiana", sarà sepolto nella cripta del Famedio al Cimitero Monumentale.