
di Alessandra Zanardi
Correva l’anno 1860 e il melegnanese Giuseppe Dezza partecipava alla Spedizione dei Mille come comandante di una delle divisioni garibaldine. La biblioteca di Melegnano custodisce 85 documenti originali relativi a quegli eventi. Dispacci militari, spostamenti delle truppe, la bozza di un inno patriottico e un documento autografo di Giuseppe Garibaldi: sono solo alcuni dei testi che compongono quel tesoretto, presumibilmente proveniente dall’archivio personale dello stesso Dezza, "l’ingegnere dei Mille", poi promosso a generale e diventato anche senatore del Regno d’Italia, al quale a Melegnano sono dedicate una via, un busto e un istituto scolastico. Era il 1963 quando un collezionista comasco, Felice Ballabio, si offrì di vendere quegli incartamenti al Comune di Melegnano, per 150 mila lire. Prima di procedere all’acquisto, l’amministrazione guidata del sindaco Ettore Bagnoli incaricò un esperto di valutare l’intero plico, ricevendo rassicurazioni sull’opportunità di acquisire quel materiale, composto da documenti originali. Riportato alla luce quindici anni fa nell’ambito di alcuni lavori di riorganizzazione dell’archivio comunale, il carteggio si dipana (quasi) tutto nei mesi di maggio, giugno e luglio 1860, e consente di ripercorrere la spedizione in Sicilia nei suoi aspetti più tecnici, compresa la gestione del vestiario e delle paghe dei soldati. Diversi, in questo senso, i dispacci scritti da Nino Bixio, comandante della prima brigata della prima divisione garibaldina, al Dezza, a capo della 15esima divisione della prima brigata.
Tra le curiosità c’è un messaggio, vergato il 20 maggio 1860 da Garibaldi, col quale si esortano i Municipi di Partinico, Alcamo, Calatafimi e Vita a collaborare con gli ufficiali della spedizione per "raccogliere i militi appartenenti a questo corpo" e "spingere verso questo quartier generale tutti gli individui che rimanessero indietro". C’è anche una comunicazione, datata 17 giugno 1860, con la quale si assicura protezione a un disertore borbonico, Nicolò Nangano, che "oggi appartiene alla patria italiana". Del plico fa parte una canzone, anonima e scritta a matita, che inneggia alle "italiane genti" e invita alla mobilitazione in nome della libertà. Così, fra le pagine ingiallite di quei documenti si percepiscono gli slanci d’indipendenza e il sogno di un’Italia finalmente unificata.