
Giuliana Cella (Newpress)
Milano, 15 aprile 2018 - Con Giuliana Cella, la milanese che ha vestito «le signore bene e benissimo» di mezzo mondo, possiamo parlare di uomini. Nello showroom di via Manzoni. Estraendo foto da uno scatolone. In uno scatto, è accanto al più famoso agente 007 del cinema.
Davvero Sean Connery la chiamò al telefonò?
«Voleva ringraziarmi, non aveva mai visto così bella sua moglie come con i miei abiti».
Metamorfosi difficile per la piccoletta Micheline?
«Diceva Coco Chanel: se una donna è malvestita si nota l’abito. Se è vestita impeccabilmente si nota la donna».
Chiaro. E aggiungeva: l’uomo resta sempre un accessorio della donna. Se poi l’accessorio si chiama Bond, James Bond… È l’uomo più bello che ha conosciuto?
«L’ho incontrato a Milano, al vernissage della mostra della moglie, pittrice. Ma era mio marito l’uomo più bello del mondo. L’ho amato tutta la vita. E si è comportato da bastardo».
C’è un tempo per amare, e un tempo per lavorare. Quando il suo?
«Alla terza età. Ho quasi 75 anni, e solo da 25 faccio moda».
Lei non fa moda, perché la moda è fatta per passare di moda. Lei ha creato uno stile. Come?
«La bellezza sta nell’aria, l’ho cercata nei viaggi. Nelle culture del Rajastan, Laos, Cambogia, Birmania, Ghana, Russia, Persia,... Ma il prodotto è tutto Made in Italy. Ecco, sente, queste sete dipinte a mano, ricamate d’argento, solo i nostri tessuti diventano materia di sogni».
Regina dell’etno-chic, l’ha definita il Financial Times. Perché non ha creato un’impresa?
«Perché sono più numerosi quelli che non creano, quindi sono i più forti. Io non ho la mentalità da bottegaia. E tra Iva al 22% e altri calcoli astrusi, non so come guadagnare».
Comunque ha rifornito Marta Marzotto di metà guardaroba. Prima stilista a cui l’Europarlamento ha aperto le porte. Unica italiana invitata al Nevsky Palace di San Pietroburgo. E ora annuncia quale “New Business“?
«Sostengo la giovane Halima Hadir, del brand Safira. A Fes ha creato un modello imprenditoriale per aiutare le donne del Marocco a costruirsi un futuro. Abbiamo fatto sfilare insieme i nostri caftani al Grand Hotel et de Milan».
“Ecco la Cellina, la donna più buona del mondo!”, dice la Vanoni. Lei, Giuliana, come Penelope ha tessuto in chiffon le trame del mondo in attesa che arrivasse a Milano. La globalizzazione pianificata in atelier?
«Ho solo portato l’eleganza dell’Africa, dei Caraibi, dell’Afghanistan, m anche della Germania, nei défilé al Conservatorio, alla Casa della Cultura, al Museo Bagatti Valsecchi, ma anche alla Camera del Lavoro».
L’arte del Novecento era già global…
«Infatti, il caro Tadini disse che io stavo alla moda come Matisse alla pittura».
Ma lei, a Milano, dove ha trovato la gioia di vivere?
«Alla Scala. Mio padre mi ci portava già a sei anni. Mi addormentavo nel palco. Poi, ho sentito Franco Corelli cantare “Nessun dorma”, e mi sono innamorata».