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Giulia, studentessa dei record tra medaglie nel nuoto e ingegneria: "Sogno Tokyo 2020"

I successi della 24enne

Giulia Ghiretti con l’oro al collo a Dublino nei 50 farfalla. Originaria di Parma oggi vive e si allena a Milano

Milano, 22 agosto 2018 - «Cucù. Oro europeo nei 50 farfalla! Non potevo chiedere di più #Dublin2018». Giulia Ghiretti sorride al trionfo con un tweet, rientra dagli Europei paralimpici di Dublino con tre medaglie al collo e guarda già a Tokio 2020 mentre inizia il conto alla rovescia per il prossimo traguardo: la laurea in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano. Ventiquattro anni, origini parmensi, per conciliare studio e sport si è trasferita in quel di Milano e si allena fra il centro Saini e Brusuglio, insieme ad altri atleti della Nazionale.

Dublino: l’ultima impresa. Soddisfatta?

«È finita bene! Per la prima volta nei 50 farfalla ho toccato io per prima. L’argento dei 100 rana mi è andato meno giù, non tanto per l’argento in sé ma perché non ero molto soddisfatta della mia gara. Però questi Europei sono stati fantastici, eravamo la Nazionale più numerosa, siamo tornati con 74 medaglie in tutto. Meglio di così non poteva andare ed eravamo organizzati su tutti i fronti con nutrizionisti al seguito, il Parma Quality Restaurants che ha cucinato per noi, insomma, le gare non si fanno da soli».

Com’è nata la passione per il nuoto?

«Ho sempre praticato sport. A 4 anni ho cominciato con la ginnastica artistica, poi con la ritmica, a 8 anni sono passata al trampolino elastico. Nel 2010 mi sono fatta male durante un allenamento al trampolino elastico. Dopo l’incidente ho scoperto il nuoto. Prima pensavo fosse noioso... Ho cominciato durante la riabilitazione in ospedale ma subito mi son detta: se lo faccio voglio farlo a livello agonistico. Nel 2011 ho iniziato con le gare, nel 2013 con le competizioni internazionali».

Ed è arrivata alle Olimpiadi. Brasile: il ricordo più bello?

«La cerimonia di apertura, con tutti gli atleti. Da brivido. Le Olimpiadi sono le Olimpiadi. La prima gara a delfino, la prima medaglia: non la scorderò mai».

Intanto studia: come si concilia tutto?

«Qui l’impresa si fa più travagliata. Ho iniziato nel 2014 Ingegneria biomedica e tutte le manifestazioni coincidevano con le sessioni d’esame. Che fatica. In più mi alleno due ore tutti i giorni e due volte al giorno sotto scadenza. Incastrare tutto non è facilissimo, ma pian pianino ci sto arrivando e sono riuscita a far partire un progetto ad hoc per gli atleti di alto livello del Politecnico».

In cosa consiste?

«Non ci sono scorciatoie, ovvio. Ma almeno c’è l’opportunità di sostenere un esame fuori sessione con alcune agevolazioni logistiche. Ho lavorato a questa causa dopo le Olimpiadi e ce l’abbiamo fatta. Serve a me, ma anche a chi arriverà dopo di noi».

Quando ha scelto Ingegneria?

«Mi hanno sempre appassionato le materie scientifiche. Dopo il liceo ero indecisa fra Matematica e Medicina, che però era un po’ lunga... Ho trovato una buona via di mezzo con Ingegneria biomedica».

Si parla molto oggi della necessità di ingegnere donna.

«Io non mi sono mai posta il problema, nello sport come nella facoltà da scegliere. Non ci sono cose da uomini e cose da donne. Il consiglio alle ragazze? Mai farsi problemi».

Tesi su?

«Il costume di allenamento, con prove di trazione dei materiali. Già fatta, adesso mi mancano solo due esami».

Lo scoglio più grande?

«La parte di elettronica».

Sogno più grande: dove si vede in campo lavorativo e a livello agonistico?

«È troppo in là... Beh, col nuoto andrò almeno fino a Tokio 2020. Chissà poi di riuscire a mettere insieme entrambe le cose: sport e lavoro».

Perché ha scelto di trasferirsi a Milano?

«Per ragioni pratiche, per conciliare gli allenamenti e lo studio al Politecnico. Anche se un pochino Milano mi sta stretta. Sono abituata al verde».

Olimpiadi a Milano, come le vede?

«Penso sarebbe una bellissima occasione per l’Italia. Impegnativa sì, ma se ci mettiamo d’impegno son certa che ci verrebbero bene».