ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Giovanni Storti, da comico a influencer: “Bisogna salvare il verde, oggi Milano è troppo arrogante”

Il comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo: “Città in mano alla speculazione edilizia? Milano sta prendendo una brutta piega, era meglio negli anni Settanta”

Giovanni Storti in bici a una manifestazione contro lo smog a Milano (Fotogramma)

Una metropoli Babilonia dove più aumenta l’altezza dei grattacieli – quasi nuove Torri di Babele che crescono nei nuovi quartieri – più si accresce la presunzione dei suoi abitanti. Una città che fa sparire gli spazi verdi con colate di cemento. Che cancella pure i negozi, perché è più comodo acquistare con un clic sul divano. Ritratto amaro della Milano contemporanea quello dell’attore comico Giovanni Storti, 66 anni, milanese doc.

Di recente l’appello social dell’attore del celebre trio Aldo, Giovanni e Giacomo rivolto al sindaco Sala e alla giunta per salvare il glicine di piazza Baiamonti è diventato virale. Nella sua battaglia verde, però, non è solo: sono quasi 50mila le firme raccolte su Change.org per mettere a riparo dalle motoseghe non solo lo storico glicine del Circolo degli Ex Combattenti ma anche quattro tigli pluridecennali, il grande nespolo e altri alberi, parte integrante del paesaggio del quartiere Sarpi-Garibaldi e del giardino comunitario dedicato alla testimone di giustizia Lea Garofalo. Le ruspe potrebbero entrare in azione da un momento all’altro per fare spazio alla costruzione della seconda Piramide, firmata dallo studio tedesco Herzog & De Meuron, dove verrà ospitato il Museo Nazionale della Resistenza.

Se non è la «Piramidina» di Porta Volta quale sarebbe la destinazione ideale del Museo Nazionale della Resistenza?

"Potrebbe stare in mille altri posti. A Milano ci sono un sacco di palazzi storici vuoti o sottoutilizzati che potrebbe essere riconvertiti a Museo della Resistenza, senza il bisogno di fare per forza una nuova costruzione. Il fatto è che il glicine è un simbolo, un riferimento per il quartiere da quasi 80 anni e quando fiorisce è un piacere per tutti quelli che vi gravitano. Tutto quello spazio verde è un luogo vissuto, che crea aggregazione. Al giardino dedicato a Lea Garofalo ci vanno i bambini a fare la merenda, i ragazzi a studiare, la gente comune alla ricerca di tranquillità. Questa vicenda dimostra che il verde è molto curato a parole, ma non nei fatti. Sottende pure l’ideologia imperante secondo cui, per aumentare la bellezza della città, bisogna puntare a nuovi edifici".

L’idea di abbattere la “Scala del calcio’’ non la entusiasma.

"Certo che no. Vengono da tutto il mondo per vedere quella meraviglia di San Siro, che ha anche una qualità della visuale invidiabile per vedere le partite, e noi lo vogliamo buttare giù per costruire un altro stadio che ha zero storia e meno posti disponibili? Io lo trovo assurdo, anche per l’impatto che avrebbe sull’ambiente. Credo che si possano percorrere strade alternative e che sia possibile riqualificare San Siro".

La città è in mano alla speculazione edilizia, al “partito del cemento’’?

"Mi pare che la città stia prendendo una brutta piega commerciale. È un fatto che ci siano zone enormi che saranno sacrificate in vista delle Olimpiadi 2026. In questa città non ci si fa problemi per fare un altro stabile ad abbattere una palazzina storica Liberty come quella di piazza Trento che conoscevo bene, abitando da piccolo a Porta Romana. Non si finisce di elogiare l’arrivo di tanti turisti stranieri. Ma il turismo porta con sé anche dei difetti, dal moltiplicarsi dei ristoranti e dehors pressoché ovunque agli affitti alle stelle. Sempre più miei amici sono costretti a trasferirsi fuori Milano perché la locazione e l’acquisto delle case sono inaccessibili, come gli asili nido, mentre gli stipendi sono rimasti gli stessi. Milano è diventata una città per i ricchi".

Se potesse tornare indietro con la macchina del tempo in quale Milano vorrebbe capitare?

"In quella degli anni Settanta. Una città di grande personalità. C’erano più vita bella, mille luoghi per gli incontri, un clima diverso, molta umanità e altrettanta cordialità. Ci si poteva intrufolare liberamente nei cortili di corso Magenta per ammirare la bellezza: oggi sono tutti spazi privati inaccessibili. Forse è solo nostalgia per la gioventù, non lo so. Oppure la Milano contemporanea è davvero diventata un po’ troppo arrogante. Di oggi non mi piace il fatto che tanti negozi a conduzione familiare stiano sparendo sotto i colpi dell’e-commerce: sono anche loro spazi di aggregazione e quando si spengono delle vetrine un quartiere un po’ si spersonalizza. Non mi piace neppure vedere trionfare in giro così tanta arroganza e anticivismo, a partire da quelli che gettano qualsiasi rifiuto fra le mani per terra".