Nella Milano rinnovata (o snaturata?) dalla ristrutturazione (o speculazione?) edilizia, diventa sempre più caso esemplare, in discussione da 7 anni, ora anche a Roma di fronte al Consiglio di Stato - massima autorità della giustizia nell’amministrazione pubblica - la sorte dello storico Garage delle Nazioni. Rinominato Garage del Centro.
Incastonato dai primi anni ’50 tra le vie Calderon de la Barca, Lentasio e da Viadana (a ridosso del corso di Porta Romana), in pieno centro storico. Dove i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale sventrarono un’area. E il Comune dispose di ricucirla, nel disegno di nuove funzioni urbane, con un’autorimessa: riconosciuta simbolo del ‘boom economico’ veicolato dall’auto privata di cittadini liberi di muoversi, e simbolo della cultura architettonica italiana. Essenziale, elegante, coerente con quel Dna della Milano moderna, del ’900, punto di riferimento di un’estesa comunità internazionale.
Ha ispirato lo Stadio Olimpico a Siviglia, ancora di recente, il nostro Garage icona, progettato da Antonio Cassi Ramelli. Ma non è solo una ‘forma’: degna di vincolo di tutela da parte della Sovrintendenza, con obblighi conservativi. Tuttora molto utilizzato, è difeso strenuamente dall’Automobile Club Milano.
Il presidente Geronimo La Russa e il segretario della Commissione Mobilità Paolo Redaelli, questo mese, sono intervenuti a ribadire la sua eccezionale capienza (800 posti auto), nella città che non ha un’adeguata politica della sosta, ma ovunque auto in sosta irregolare e disordinata: mancano 90mila posti auto nelle ore diurne e 34.500 in quelle notturne.
E se il Piano Aria Clima del Comune destinerà il centro storico ad uso esclusivo delle auto elettriche, tanto più irrinunciabile è il parcheggio in elevazione. “Drammatico”, perciò, se ne prospetta l’abbattimento. Che l’attuale proprietà (Lombardia Parcheggi, consigliere delegato Johann Breiteneder), nonostante i bilanci in utile, da sette anni chiede. Per innalzare al suo posto un ennesimo, spropositato Hotel Parking con due torri: una di 14 piani fuori terra (più sei interrati) e un’altra di nove piani.
Affare milionario. Proporzionato all’enorme volumetria. Da realizzare ottenendo permessi di costruire in deroga a vari vincoli. Quello imposto dalla Soprintendenza è stato bocciato nel maggio di quest’anno dal Tar Lombardia. Ma contro tale sentenza il ministero della Cultura si è appellato al Consiglio di Stato, chiedendo di sospenderla, temendo che le ruspe si potrebbero mettere presto all’opera: niente paura, ieri, hanno dichiarato a Roma, precisando che il procedimento di rilascio del titolo edilizio non è affatto giunto al termine.
E la responsabilità del Comune di Milano si ridiscute di nuovo in un’udienza pubblica il 17 settembre, in sede Tar. Ma la grande attesa, ovviamente, è per l’udienza di merito che compete in definitiva, a breve, ancora al Consiglio di Stato: nel valutare la fondatezza del vincolo della Soprintendenza sul bel Garage, funzione di vita associata, fa tutti riflettere su come la rinascita economica sia per lo più fagocitata dall’accentramento metropolitano (con non pochi abusi edilizi finiti sotto inchiesta), nella Milano privata della sua identità di “città del Novecento”, e semmai cattivo esempio per le altre.