ALBERTO
Cronaca

Galleria, in difesa delle piccole botteghe anima vera della Milano che deve ripartire

In pochi giorni 22 serrande abbassate, tanti non riapriranno. "Il nemico da sconfiggere è il Covid: non vogliamo credere che si debba combattere contro il Comune per difendere l’identità, la dignità e la bellezza della nostra splendida Milano"

Alberto

Oliva

Un anno fa per fare due passi in Galleria Vittorio Emanuele bisognava farsi largo in una fiumana di cittadini e turisti affaccendati tra arte e commercio. Oggi, lo spettacolo è desolante: ben 22 vetrine con le serrande abbassate, molte non si alzeranno più. Il signor Ruggeri, che ha venduto camicie per oltre sessant’anni, ha ceduto per anzianità e paura del futuro. Mejana, la bottega delle borse quasi all’angolo con Piazza della Scala, ha riconsegnato le chiavi perché non riesce più a pagare l’ingente affitto. Poche settimane dopo, la resa del suo dirimpettaio Andrew’s Ties. Ogni giorno che passa la storia di Milano perde un po’ della sua identità. Probabilmente a vantaggio di qualche grande marchio che prenderà quelle vetrine, le terrà per qualche anno per farsi un po’ di pubblicità e poi avanti con il prossimo, come è accaduto in Corso Buenos Aires che già da tempo ha smarrito il suo valore culturale con l’avvicendarsi di temporary shop e grandi griffe in un’accozzaglia senza identità.

Conviene fare cassa a man bassa senza guardare in faccia nessuno o preservare le perle nascoste che con fatica e visionarietà hanno attraversato un secolo di storia e adesso hanno bisogno di un aiuto concreto per continuare a resistere? Pensiamo ai ristoranti come il Savini, in Galleria fin dalla fondazione nel 1867, frequentati da grandi personaggi della cultura e del costume, e mai rimasti chiusi per così tanto tempo, nemmeno durante la guerra. Ma pensiamo anche alla gioielleria Cielo o a Grimoldi e Verga, vetrine meravigliose che cercano di brillare ancora sotto i portici di piazza Duomo con i loro gioielli. La loro battaglia oggi si combatte a colpi di ricorsi contro una delibera del Comune che evidenzia i cavilli che possono negare loro il diritto di rimanere in Galleria a prezzi calmierati, in quanto esercizi storici. A farlo è lo stesso Comune che le ha insignite della targa di Botteghe Storiche, riconoscendo loro lo stesso valore che oggi sembra voler cancellare. Che idea di città abbiamo? Come vogliamo che si risvegli Milano dopo l’apocalisse del covid? Su quali valori immaginiamo la ripartenza? Il 25 aprile 1945 il sindaco Antonio Greppi si affacciò dal balcone di Palazzo Marino, vide la Scala sventrata dai bombardamenti e disse: "Bisogna ricostruire al ritmo della Cavalcata delle Walkirie".

E così accadde, con la bacchetta di Arturo Toscanini che diede il via all’orchestra l’11 maggio 1946 per un memorabile concerto cui parteciparono migliaia di milanesi entusiasti. Quella serata infuse coraggio e grinta per una rinascita che portò Milano a splendere e a diventare in un paio di decenni la patria del Made in Italy nel mondo. Quel Made in Italy veniva fabbricato, prodotto, venduto e comprato in gran parte nelle botteghe della Galleria Vittorio Emanuele, che oggi sono “storiche” e sono vere e proprie eccellenze meneghine, testimoni viventi e pulsanti di un passato glorioso capace di proiettarsi nel futuro. Oggi non si ricostruisce al ritmo della cavalcata delle Walkirie, ma a quello stesso ritmo si distrugge, complice il virus, ma anche la totale assenza di visione da parte di un’amministrazione che osserva inerte l’alternanza di chiusure e riaperture a singhiozzo. Senza fare sconti sui canoni d’affitto delle botteghe storiche, che stanno pagando una riduzione media degli incassi di oltre il 50%. Le botteghe storiche sono il patrimonio materiale e immateriale più prezioso che abbiamo per costruire un futuro di bellezza e cultura.

Le loro storie raccontano generazioni di abili artigiani che si sono passati il testimone di antichi mestieri sempre capaci di rinnovarsi in modo etico e sostenibile, italiano e a conduzione familiare. Hanno organizzato, con la regia di Galleria&Friends, attività culturali di primo piano, mostre d’arte e artigianato, flash mob, esibizioni, convegni e conferenze di alto prestigio, di cui si racconta nel volume Bottega Milano, di recente pubblicato con la media partnership de Il Giorno. Dovremmo provare a far diventare le botteghe storiche dei piccoli Musei, presìdi di Cultura viventi e pulsanti, come la Libreria Bocca che esiste in Galleria dal 1775. Non dobbiamo lasciare che chiudano e si arrendano. Il nemico da sconfiggere è il Covid: non possiamo e non vogliamo credere che si debba combattere contro il Comune per difendere l’identità, la dignità e la bellezza della nostra splendida Milano.