
di Massimiliano Mingoia
Galleria Vittorio Emanuele, è il tempo delle scelte per il Comune. Nel 2020 scadono 26 contratti di affitto nel Salotto dei milanesi e la Giunta di Palazzo Marino venerdì ha approvato una delibera che mette nero su bianco come intende comportarsi con i singoli marchi. Due le alternative: bando di gara per incassare di più dalle locazioni tramite aste all’incanto oppure rinnovo automatico del contratto nel caso in cui l’esercizio commerciale sia una bottega storica o abbia un’identità strettamente legata alla Galleria.
Ma ecco le scelte contenute nella delibera firmata dall’assessore al Demanio Roberto Tasca (vedi la tabella sopra): i contratti di 13 locali non saranno rinnovati (tra cui il negozio di souvenir Algani, che pur avendo i requisiti storici per ottenere il rinnovo del contratto, dovrà partecipare a un bando se vorrà restare nello spazio affacciato su piazza Scala), nove contratti saranno rinnovati automaticamente (dal ristorante Biffi allo showroom di Luisa Spagnoli fino al bar Marino), tre spazi sono già stati messi a bando nei mesi scorsi (Telecom, Versace e Armani) mentre la Fondazione Biblioteca europea di formazione e cultura, la Beic, ha deciso di rinunciare al locale nel Salotto.
Vediamo nel dettaglio. Marchio per marchio, scelta per scelta. I 13 locali “sotto sfratto’’, o meglio, le attività commerciali con contratti non rinnovabili automaticamente e andranno all’asta sono Algani, Sapori d’Italia (abbigliamento), Liberty retail (abbigliamento), Bric’s (valigie), Chanel (accessori moda), Church (calzature), Svalduz (borse e accessori), Zadi (cravattificio), Suadeo (articoli da regalo), Del.Com (calzature), due spazi di Cielo e Grimoldi (gioielli). I nove locali che, invece, possiedono i requisiti storico-commerciali, fissati in una delibera del 2019, per ottenere il rinnovo del contratto sono nove: Noli (tabaccheria), Cadé (camicie e cravatte), Bar Marino, Ruggeri (abbigliamento), Verga (gioielleria), Haeres Equita (cappelli), Mejana (coltelli), Biffi (ristorante) e Spagnoli (abbigliamento).
Il Salotto dei milanesi, vista anche quest’ultima delibera, si conferma una gallina dalle uova d’oro per Palazzo Marino. Basta dare un’occhiata ai numeri per rendersi conto che gli introiti del Comune dagli affitti della Galleria Vittorio Emanuele sono in crescita esponenziale. Nel 2007 l’allora amministrazione Moratti incassava 8,2 milioni di euro dai canoni di locazione del Salotto dei milanesi. E poi 9,5 milioni nel 2008, 11,5 milioni nel 2009 e 11,8 milioni nel 2010. Nel 2011, all’inizio dell’era Pisapia, gli incassi erano di 11,5 milioni di euro. E poi di 13 milioni nel 2012, 20,1 milioni nel 2013 e 23,6 milioni nel 2014. Nel 2015 erano cresciuti fino a 25,7 milioni di euro. Nel 2019 Tasca aveva stimato che gli introiti si sarebbero attestati sui 40 milioni di euro. E alla fine del 2020 andranno ben oltre quella cifra, grazie ai 13 bandi in programma, senza dimenticare le tre aste all’incanto dei mesi scorsi: Armani si è aggiudicata lo spazio Telecom (1,9 milioni di euro di canone annuo), Dior ha conquistato lo spazio Versace (5 milioni) e Fendi quello di Armani (2,4 milioni).