
I funerali di Antonio nella chiesa di Santa Maria Liberatrice in via Solaroli, periferia Sud, dove abitava (Foto Canella)
Milano – Dalla sala del Cinema Mexico alla chiesa per l’ultimo saluto. “Antonio ci ha saputi radunare ancora una volta” sussurrano sul sagrato di Santa Maria Liberatrice in via Solaroli, alla periferia sud, amici e cinefili in lacrime per la morte di Antonio Sancassani, scomparso il 4 gennaio a 82 anni. Era il “papà“ del Cinema Mexico di via Savona, che aveva rilevato nel 1980 trasformandolo “da una piccola sala di periferia a un santuario del cinema indipendente” ricorda Domenico Dinoia, presidente di Agis lombarda e gestore con Progetto Lumiere (di cui faceva parte lo stesso Sancassani) delle sale Palestrina di Milano e Massimo Troisi di San Donato. Tra i rappresentanti degli indipendenti anche Paola Corti del Beltrade.
Chiesa gremita. Presenti familiari e amici tra cui registi come Michele Rho, autore del documentario “Mexico! Un cinema alla riscossa" (che verrà proiettato oggi, dopo le testimonianze di chi vorrà parlare, dalle 18.30) e Giorgio Diritti: Sancassani fu l’unico a credere nel suo film “Il vento fa il suo giro“, ospitandolo al Mexico e ottenendo un successo straordinario. “Di Antonio – dice Diritti – mi colpì il suo entusiasmo per le sfide. Abbiamo creduto in qualcosa che sembrava impossibile. Sapeva trovare il modo di attirare gli spettatori e di farli tornare”.
Come al Rocky Horror del venerdì, un rito collettivo che in via Savona diventava spettacolo dal vivo accanto alla proiezione. In chiesa pure Paola Bocci, consigliera regionale, sua amica. Sancassani viveva nella zona sud, vicino alla parrocchia che lo ha accolto per le esequie. “L’ultimo atto della sua vita è un nuovo spettacolo, senza fine”, il primo commento di monsignor Davide Milani che ha celebrato la funzione arrivando apposta da Roma, dove è ufficiale del Dicastero della cultura e dell’educazione della Santa Sede, dopo essere stato decano di Lecco e portavoce della Diocesi ambrosiana. Non solo: è anche presidente della fondazione Ente dello spettacolo.
“Di solito ai funerali si citano padri della chiesa e santi, noi citiamo altri padri, della cultura. Federico Fellini diceva che “il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio“. Dopo la creazione, Dio si siede e diventa spettatore. Antonio si è seduto e ha fatto in modo che potessimo sederci e guardare lo spettacolo della vita. Il Vangelo dice che il male del nostro tempo è l’affanno. Agitandoci perdiamo di vista questo spettacolo ma Antonio ci ha insegnato a guardare anche l’invisibile. Pure dando visibilità ai giovani talenti. A “fare festa” andando al cinema, prendendoci cura di noi”. Ancora: “Avrebbe potuto cedere alle sirene, fare scelte più redditizie, ma ha continuato a vivere il cinema come servizio”. Ora “è in una sala grande, senza il peso degli anni. Diceva di aver conservato cinque sedie di legno, del suo primo cinema. Lo vediamo ora, accanto a sua moglie, a suo padre e a sua madre. C’è una sedia libera: è per tutti noi”. E tutti lo hanno salutato, in silenzio, sulle note di Ennio Morricone, colonna sonora di “C’era una volta il West".