Fotomeccanica: a Milano la clinica delle macchine fotografiche vintage

Marco Gualazzi, 60 anni e una passione: "Se mio figlio di 15 anni mi raggiungesse in bottega, avrei realizzato tutti i miei sogni..."

Marco Gulazzi

Marco Gulazzi

Milano - La "clinica" delle macchine analogiche. Marco Gualazzi, 60 anni, è uno dei pochi fotoriparatori rimasti sulla piazza milanese che sa come riportare in funzione le fotocamere vintage date per "defunte". Gualazzi conosce alla perfezione l’"anatomia" di vecchie Nikon, Canon e Leica dove bisogna ancora inserire il rullino. Possiede pure un magazzino di ricambi originali, un tesoro dal momento che nessuna azienda produce più pezzi fuori produzione che possono essere ricavati solo smembrando macchine guaste. La sua attività in via Calzecchi, zona Città Studi, si chiama non a caso Fotomeccanica. "Non ho nulla contro le macchine fotografiche più moderne. Le digitali le aggiusto pure e mi rendo conto che hanno costi infinitamente minori di gestione, non esigendo pellicola, sviluppo e stampa. Ma le fotocamere tradizionali sono un’altra cosa, come piccoli gioielli di meccanica. Quando le riparo, mi sento un orologiaio".

Il suo laboratorio che rimette in sesto, oltre a fotocamere e obiettivi, anche binocoli e cannocchiali, è attivo dal 1979: "Il mio primo maestro è stato mio fratello Giorgio che sapeva già tutto di macchine fotografiche e con cui ho aperto l’attività. Il resto l’ho imparato con anni di esperienza: non ci sono scuole per questo mestiere". Il fotoriparatore dietro al suo bancone ha assistito a tutte le evoluzioni del mercato "dall’introduzione dell’esposimetro all’autofocus ai primi modelli con elettronica fino alle nuove macchine digitali che sono come un cellulare, essendo formate da schede e circuiti: c’è dentro pochissima meccanica. Aggiustarle è meno sfidante perché significa perlopiù sostituire un chip".

Ovviamente il mercato delle macchine meccaniche si è ristretto da quando siamo entrati nel regno dell’immagine elettronica "ma per mia fortuna esiste una nicchia di cultori. C’è uno zoccolo duro formato da appassionati di fotocamere d’epoca della mia generazione a cui si sono aggiunte anche nuove leve, a cui piace, nonostante la giovane età, scattare fotografie alla vecchia maniera. La questione oltre che di qualità è anche di valore di mercato dei modelli analogici. Le fotocamere digitali sottoposte alla concorrenza di sempre nuovi modelli si svalutano molto facilmente".

Fra i modelli fuori produzione più costosi che ha riparato ci sono "le Leica utilizzate dalla Wehrmacht: in buono stato possono valere anche 15mila euro". Ed proprio l’azienda tedesca secondo Gualazzi ad avere fatto la storia della fotografia: "Della Leica è la prima fotocamera da 35 mm e tante altre sue innovazioni sono state copiate dalla concorrenza sovietica e poi giapponese". "Gloriosa - aggiunge - è pure la storia della Rectaflex", azienda italiana di macchine fotografiche attiva nel secondo Dopoguerra. La diatriba fra Nikonisti e Canonisti, invece, lo lascia alquanto indifferente: "Non ho nessuna predilezione, mi basta che sia un modello meccanico. I marchi giapponesi sono stati abili ad affermarsi sul mercato e sono diventati oggi, anche a ragione, punti di riferimento per i fotografi". Da quando il fratello è andato in pensione lavora da solo "ma ho un figlio di 15 anni: un po’ di passione per la fotografia ce l’ha. Se mi raggiungesse in bottega avrei realizzato tutti i miei sogni".

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