
Fontana e altri 4 indagati, avvocato Pensa davanti alla Corte d'Appello di Milano
"I pm hanno avuto un momento di crisi, perché hanno capito che questo processo non si doveva fare, e ci hanno proposto un patteggiamento ad una pena pecuniaria, dopo aver fatto tutte le indagini che hanno fatto, e ovviamente il presidente della Regione non ne ha voluto sapere". Queste sono le parole dell’avvocato Jacopo Pensa, legale di Attilio Fontana, nel suo intervento davanti alla Corte d’Appello che dovrà decidere, il 10 luglio, sul ricorso della Procura milanese contro i proscioglimenti, decisi in udienza preliminare, del Governatore lombardo e altri 4 indagati per il cosiddetto "caso camici".
"Non avrei mai immaginato di dover discutere in appello, di dover arrivare fino a questo punto - ha spiegato Pensa, che assiste Fontana col legale Federico Papa - questa è una vicenda nella quale sono state impiegate energie e risorse, coi pm che hanno costruito un film, il contrario storico di ciò che è avvenuto e il che fa capire l’incertezza e la ricerca del reato da parte dei pm".
Reato che cambiò nel corso delle indagini, "si partì con una turbativa e poi l’accusa si è sviluppata in frode" in pubbliche forniture. "Questo processo - ha detto ancora la difesa di Fontana - è il contrario di ciò che deve essere un processo.
Da parte dei pm c’è stato quell’innamoramento nei confronti della propria tesi, che lo stesso Mattarella di recente ha criticato, dicendo ai magistrati non innamoratevi delle tesì".
Il gup Chiara Valori, il 13 maggio dello scorso anno aveva pronunciato una sentenza di "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste" per il governatore, per il cognato Andrea Dini, titolare di Dama spa, per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e per il vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio Superti.
An.Gi.