
Matteo Salvini e il figlio Federico (Foto Instagram Matteo Salvini)
Milano, 5 gennaio 2023 - La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, su richiesta dei pubblici ministeri del VII Dipartimento, nei confronti di due cittadini egiziani di 21 e 26 anni, pregiudicati e irregolari sul territorio, gravemente indiziati di aver commesso, in concorso, una rapina ai danni del figlio del leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
Il raid del 23 dicembre
Nel corso dell’attività d’indagine svolta a seguito del raid andato in scena lo scorso 23 dicembre in via Jacopo Palma, gli agenti della Squadra mobile, guidati dal dirigente Marco Calì, hanno identificato due persone che avrebbe derubato il diciannovenne Federico del telefono cellulare e del denaro contante custodito nel portafogli. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, in collaborazione con i poliziotti del commissariato Bonola guidati dal dirigente Antonio D'Urso, subito dopo la rapina i due sono entrati nel negozio di un parrucchiere poco distante dal luogo dei fatti, nascondendo, all’insaputa del titolare, il telefono sottratto sotto un divano per poi tornare, il giorno successivo, pretendendo di recuperarlo.
La foto e l'identificazione
Riconoscendoli per coloro che già la sera prima erano entrati nell’esercizio commerciale e intuendo che il telefono rinvenuto potesse essere quello ricercato dalla polizia la sera stessa dei fatti, il titolare del negozio li ha fotografati, trattenendo il telefono cellulare, e ha allertato la polizia mettendoli in fuga. L’attività d’indagine condotta dalla Squadra mobile ha così permesso di identificarli, ricostruendo i ruoli di entrambi: il 21enne destinatario della misura cautelare è stato riconosciuto dalla stessa vittima quale autore materiale della rapina mentre il complice 26enne è stato individuato come colui che avrebbe svolto il ruolo di palo.
"Pericolosi e recidivi"
Pericolosi e recidivi. E' la descrizione che il gip di Milano Domenico Santoro rende dei due giovani. Nelle esigenze cautelari si sottolinea come "le specifiche modalità e circostanze dei fatti" risultano "particolarmente allarmanti, alla luce della gravità dell'azione predatoria (posta in essere, previa adeguata individuazione della vittima, con preordinazione, in concorso fra i due indiziati, in orario serale, con l'uso di un'arma impropria e con il successivo occultamento del corpo del reato al fine di sviare le immediate ricerche elementi, tutti, che denotano professionalità in simili condotte); del verosimile inserimento degli indagati in un più ampio ed organizzato contesto" e per la "negativa personalità degli indiziati".
Pericolo di fuga: in carcere
Per i due indagati sussiste il concreto pericolo di fuga, evidenziato "dall'elevata capacità di movimento palesata" oltre che di reiterazione del reato. Il carcere appare dunque l'unica possibilità per il gip "considerate l'assoluta gravità dei fatti e negativa personalità degli indiziati", ogni altra possibilità "non si paleserebbe in grado di infrenarne la pericolosità (resa evidente dall'assenza di capacità di autocontrollo, che si desume dalle connotazioni violente delle condotte tenute)" ma anche dal curriculum degli arrestati: il più giovane vanta già pregresse esperienze giudiziarie e il 26enne in passato ha sistematicamente violato la misura a cui era sottoposto.