“Davanti all’assoluzione ero calmo solo in apparenza. Dentro sono esploso. Quello che ho subìto è stato massacrante”. Fernando Trevisan, imprenditore 67enne di Limbiate (Monza), il 20 settembre è stato assolto dalla Corte d’Appello di Milano dall’accusa di violenza sessuale su tre ex dipendenti della sua ditta di pulizie di Bubbiano: “Il fatto non sussiste”. Una decisione arrivata dopo un lungo iter giudiziario, iniziato nel 2016 con la denuncia di una lavoratrice. In primo grado, nel 2020, Trevisan era stato condannato dal tribunale di Pavia a 10 anni di reclusione, ridotti in Appello a 7 anni e sei mesi. In seguito al ricorso in Cassazione, la Suprema corte nel 2022 ha annullato la sentenza e disposto un processo d’Appello bis, che si è chiuso con l’assoluzione.
Otto anni di vita. Signor Trevisan, come ha accolto questa sentenza?
“Per qualche giorno sono stato stordito. Non avevo fatto niente ed ero convinto della mia innocenza, ma quello che ho passato è stato difficile. Dopo la prima denuncia ero sotto choc”.
Cosa faceva prima della vicenda processuale?
“Per anni ho lavorato presso un’impresa di pulizie. Ho fatto di tutto, dal magazziniere all’operaio, poi sono diventato supervisor. Ho fatto le pulizie anche in grandi realtà, come un famoso istituto di credito e una multinazionale farmaceutica. Poi mi sono messo in proprio. La mia azienda c’è ancora, sebbene con qualche problema per tutti questi anni di spese e lavori persi”.
Quali sono le circostanze della denuncia?
“Una mia dipendente mi ha denunciato, accusandomi di averla violentata. Una seconda ha detto invece che l’ho molestata quando sono andato a casa sua a portarle la busta paga, ma non c’ero neppure andato. Accompagnavo una terza lavoratrice da casa al lavoro e non era mai successo niente: eppure mi ha denunciato anche lei. I tabulati telefonici mostrati al processo hanno contraddetto le dichiarazioni di queste tre donne. Riassumendo: non ci trovavamo negli stessi posti in quei momenti come da loro dichiarato”.
Su questo aspetto interviene il difensore di Trevisan, l’avvocato Antonio Francesco Catanzariti: “Il mio assistito non riusciva a capire il motivo delle denunce, lo ha realizzato durante il processo. Nel dibattimento del primo grado è emerso che una denunciante aveva riferito a due persone, che poi non hanno accettato di denunciare il mio assistito, che voleva aprire una sua attività portandogli i via clienti. Lo hanno riferito due testimoni in aula. Il nostro sospetto, a questo punto, è stato quello di un complotto ai danni del Trevisan”.
Signor Trevisan, c’è stata anche una vertenza sindacale, prima di iniziare il processo penale.
“Sì, per motivi di organizzazione del lavoro. Le vertenze si sono concluse con conciliazioni”.
Che impatto ha avuto la vicenda giudiziaria sulla sua vita privata e professionale?
“Per la mia vita è stato un disastro. Mia moglie mi è stata vicina, ma è stato difficile e veniva giudicata male. Ho avuto conseguenze pesanti sul lavoro, ho perso delle commissioni. Ne risento tuttora. In ventisette anni di lavoro non avevo mai avuto problemi, spero che tutti questi anni non siano buttati via. Ho fatto tanti sacrifici, ho lavorato giorno e notte”. Al momento, Trevisan e il suo legale attendono le motivazioni della sentenza per valutare se procedere ulteriormente: “Valuteremo le azioni da intraprendere per restituire dignità al mio assistito – conclude l’avvocato Catanzariti – per tutti i danni che ha subito sul fronte della vita privata, sociale e lavorativa”.