
La sede Rai di corso Sempione a Milano
Milano - È “discriminatoria” la circolare della Direzione generale della Rai che ha “imposto a una ampia cerchia di dipendenti e a collaboratori”, tra cui cameraman, fonici, tecnici delle luci e non solo, “un obbligo di astensione dal lavoro mediante la fruizione di ferie e di aspettativa non retribuita” nel caso abbiano “presentato candidature ovvero aderiscono a partiti politici”, siano “attivisti sindacali” o “si riconoscono e facciano parte di partiti, movimenti, associazioni non profit, comitati referendari”.
La decisione è della sezione lavoro del Tribunale di Busto Arsizio, ed è destinata a creare importante giurisprudenza sul caso vita politica–astensione dal lavoro. Con il provvedimento la giudice Franca Molinari ha confermato un decreto cautelare su quella circolare emesso nei giorni scorsi dal Tribunale. Il procedimento è nato dal ricorso degli avvocati Matilde Bidetti e Carlo de Marchis per l’Associazione nazionale lotta alle discriminazioni (Anlod) con il sostegno del Sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil.
Nella circolare, spiega la giudice, viene “correttamente richiamata l’attenzione di tutti i dipendenti e collaboratori sulla necessità del rispetto delle vigenti norme di legge in materia di propaganda e informazione elettorale”. Ma si va anche “ben oltre al suddetto dovuto richiamo, imponendo a una ampia cerchia di dipendenti e collaboratori un obbligo di astensione dal lavoro mediante la fruizione di ferie e di aspettativa non retribuita”. Delle disposizioni “sono destinatari moltissimi lavoratori e collaboratori la cui apparizione, in virtù della mansione svolta (ad esempio cameraman, fonici, scenografi, direttori della fotografia, ballerini etc.), è limitata all’indicazione del loro nome nei titoli di coda”. Il giudice richiama il diritto di questi lavoratori “a partecipare attivamente alla vita sociale del Paese durante la campagna referendaria e politica” e “la libertà di esprimere legittimamente le proprie opinioni politico-sindacali”, di “associarsi, manifestare e agire democraticamente senza subire discriminazioni o penalizzazioni”. La circolare, come scritto la giudice crea un effetto disincentivante alla partecipazione attiva alla vita sociale del Paese.