
di Anna Giorgi
Per Adam Serdiuchenko il barista 30enne ucraino che la mattina del 12 settembre di un anno fa fece saltare in aria, dopo aver lasciato appositamente acceso il gas, il suo appartamento al piano terra di piazzale Libia, al civico 20, si prospetta il processo. Proprio ieri il pm Mauro Clerici ha notificato l’avviso di chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di incendio colposo. Il giovane barista, difeso dall’avvocato Luigi Isolabella, è stato per diversi mesi tra la vita e la morte. Ora, dopo un lungo percorso di riabilitazione, sia fisica, che psicologica, ha aiutato gli investigatori, a ricostruire una parte di quanto successo quel giorno, tra i molti non ricordo, dovuti allo choc. L’eplosione, quel giorno, distrusse quasi tutto l’appartamento, il boato fortissimo fu sentito in tutto il quartiere.
Ma cosa successo realmente quel giorno? A fare luce sullo scenario possibile c’è la relazione dei vigili del fuoco, secondo la quale è ormai certo che il gas sia stato acceso dal barman intenzionato a suicidarsi.
O meglio, il giovane in un momento di depressione avrebbe manomesso il tubo del gas in cucina, poi, forse pentendosi, quando la stanza era satura, avrebbe cercato di spegnere il gas, ma, intontito, avrebbe in qualche modo innescato involontariamente la scintilla da cui è divampato l’incendio, accendendo inavvertitamente una luce. Lui, o qualcun’altro accorso in aiuto sentendo un forte odore di gas? Questo è un punto fondamentale che solo il processo potrà chiarire, il giovane barman non ricorda quasi nulla, perché tra gli effetti collaterali del coma prolungato c’è anche una rimozione di molto di quanto successo in passato. Il pm, anche sulla base delle conclusioni a cui sono giunti gli esperti, e considerato che l’esplosione non provocò né morti né altri feriti, non ha contestato l’ipotesi di strage, ma solo quella di incendio colposo. Adam, barman di professione, all’epoca dei fatti, era da qualche mese responsabile di sala al Martini Bistrot di corso Venezia 15. Infanzia difficile in un orfanotrofio dell’Ucraina, i mostri del passato che riaffioravano, il ragazzo approdò a Lodi grazie a una coppia molto benestante che gli permise di studiare. Ma il passato tornava a pesare.
Nel privato, aveva interrotto da poco una burrascosa convivenza con il suo compagno per via di frequenti liti che avevano anche reso necessaria per Adam qualche medicazione al pronto soccorso, a cui però non erano mai seguite denunce.
Alti e bassi che lo facevano soffrire, fino a pensare al suicidio.
Adam ora sta meglio. L’appartamento è stato dissequestrato. Sotto sigilli resta solo la piastra del gas della cucina, a disposizione dei superesperti, tutto il resto della casa è già agibile. Il rinvio a giudizio sembra scontato, poi potrà scegliere se affrontare il processo o un rito alternativo. Intanto il giovane sta molto meglio anche psicologicamente. Gli inquilini del civico 20 di piazzale Libia premono per riscuotere l’assicurazione condominiale che consenta di ristrutturare le parti crollate del palazzo.
Ma certo, spiegano gli investigatori, non è una soluzione che si potrà prospettare a breve.
Intanto sono state chiuse le indagini e ci deve essere un quadro chiaro non solo di quanto è successo, ma anche delle eventuali responsabilità di altre persone. Sopo dopo la celebrazione del processo si potrà affrontare il tema del risarcimento.
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