Fascismo e legge Scelba, cosa prevede l’articolo 5

Il nuovo processo si giocherà tutto sul nesso di causalità, ovvero se il saluto fascista esibito dai militanti di estrema destra sia o no un richiamo al disciolto partito fascista

Da Predappio ad Acca Larentia, l'Italia del saluto romano

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Milano, 18 gennaio 2024 – La decisione di oggi della Cassazione annulla la sentenza di condanna per gli otto militanti di estrema destra che nel 2016, a Milano, parteciparono alla commemorazione di Sergio Ramelli, un militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975, a Milano, ucciso da un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia.

Gli otto parteciparono alle commemorazioni ed esibirono quel “saluto romano” che costò agli otto un processo (con condanna)  secondo l'articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, meglio nota come legge Scelba che introdusse nel nostro ordinamento appunto il reato di apologia del fascismo. È a quella legge che si rifanno i giudici della Cassazione: ecco cosa prevede l’articolo 5.

L’articolo 5

"Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni”.

Nelle informazioni provvisorie la Suprema Corte afferma che “la "chiamata del presente” o “saluto romano” è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall'articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”.

Il nuovo processo si giocherà tutto sul nesso di causalità, ovvero se il saluto fascista esibito dai militanti di estrema destra, a Milano, sia o no un richiamo al disciolto partito fascista.

Legge Mancino

I giudici, inoltre, ritengono che "a determinate condizioni può configurarsi» anche la violazione della legge Mancinò che vieta «manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge».

«Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni». È quanto prevede l'articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano

Nelle informazioni provvisorie la Suprema Corte afferma che «la 'chiamata del presentè o 'saluto romanò è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall'articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista». I giudici, inoltre, ritengono che «a determinate condizioni può configurarsi» anche la violazione della legge Mancinò che vieta «manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge».

«Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni». È quanto prevede l'articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano