ANDREA GIANNI
Cronaca

Falso documentario sui clan in Lombardia, “scivolone” del reporter ucciso: 3 condanne e maxi risarcimento di 500mila euro a Discovery

Pena di un anno e 4 mesi per due collaboratori di Beriain e per l’ex carabiniere “fixer“: per il tribunale di Milano sono colpevoli di truffa

Un frame del documentario sui clan girato con attori

Un frame del documentario sui clan girato con attori

Tre condanne a un anno e 4 mesi di reclusione per truffa, con pena sospesa. Un maxi-risarcimento di 500mila euro a favore di Discovery, il colosso dell’informazione e dell’intrattenimento che si è costituito parte civile. Si è concluso così il processo di primo grado, davanti al Tribunale di Milano, sullo “scivolone“ nella carriera del giornalista spagnolo David Beriain, ucciso nel 2021 con il collega Roberto Fraile durante un’imboscata in Burkina Faso, dove stavano girando un documentario.

Al centro del processo milanese un reportage esclusivo sulla criminalità organizzata italiana, con interviste a esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia, che in realtà si è rivelato finzione. Il programma “Clandestino“, costato 425mila euro, fu trasmesso nel novembre 2019 da Nove, canale generalista di Discovery. Il trucco è venuto alla luce grazie a un carabiniere che, guardando la Tv, si è accorto che un palazzo milanese indicato come raffineria di coca era in realtà un normale condominio. Gli intervistati, secondo le accuse, non erano criminali ma "attori" e figuranti reclutati per la messinscena.

Così Beriain è finito indagato per truffa aggravata in concorso con l’ex carabiniere Giuseppe Iannini - il “fixer“ che avrebbe messo in contatto il reporter con i presunti ’ndranghetisti da intervistare - e con i due responsabili della società di produzione spagnola 93 Metros. Parte civile Discovery, l’acquirente del reportage “incriminato“. Il processo dopo la scomparsa di Beriain (la sua posizione è stata stralciata e archiviata), è proseguito a carico degli altri tre imputati. Sono accusati di aver "realizzato il reportage mediante l’utilizzo di attori, presentati quali appartenenti all’organizzazione criminale, inducendo in errore la società Discovery Italia e facendo credere che il servizio fosse conforme a quanto contrattualizzato". Provocando così un "danno" di 425mila euro, pari al costo del programma.

Ieri il pm della Dda di Milano Alessandra Cerreti ha chiesto di condannare a due anni di reclusione, con pena sospesa, i due spagnoli. Due anni e 4 mesi, invece, la richiesta di condanna formulata per Iannini. I difensori, infine, hanno chiesto l’assoluzione. Al termine di una lunga camera di consiglio i giudici hanno stabilito pene inferiori rispetto a quelle proposte dalla pubblica accusa. I tre imputati sono stati tutti riconosciuti colpevoli del reato di truffa, e condannati a un anno e 4 mesi. Iannini è stato assolto dall’accusa di sostituzione di persona e da un’altra imputazione minore. Condannati anche a versare una provvisionale complessiva di 500mila euro, a titolo di risarcimento per Discovery."Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza e poi presenteremo ricorso in appello", spiega il difensore dell’ex carabiniere, l’avvocato Giuseppe Tuccillo. "Il mio assistito non è un truffatore ma una vittima di truffa – prosegue – perché era stato indotto a credere di avere a che fare con soggetti intranei alla criminalità, come tra l’altro è dimostrato dai loro trascorsi".

L’ultimo atto di un processo dove si è parlato di servizi segreti, mafia albanese e ’ndrangheta, camorra, chimici dei narcos colombiani, un parterre dove è difficile distinguere fantasia e invenzioni dalla realtà. Tra i testimoni citati l’ex broker della droga ora collaboratore di giustizia Vittorio Raso, l’ultrà Nino Ciccarelli, leader dei Viking nerazzurri. E momenti di commozione, tra i collaboratori di Beriain finiti alla sbarra, al ricordo del grande reporter ucciso in Africa.

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