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I primi passi di Giorgio Faletti nella Milano da bere. Dal Derby a Drive: ascesa di un provinciale

Un terzo astigiano, un terzo elbano, un terzo milanese. Ma forse il terzo meneghino di Giorgio Faletti, morto nella notte di venerdì a Torino, è il terzo che pesa di più. Perché è stato proprio a Milano che Faletti, provinciale piemontese affamato di gloria, ha trovato l’opportunità che cercava (FOTO) di Piero Degli Antoni

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Milano, 5 luglio 2014 - Un terzo astigiano, un terzo elbano, un terzo milanese. Ma forse il terzo meneghino di Giorgio Faletti, morto nella notte di venerdì a Torino, è il terzo che pesa di più. Perché è stato proprio a Milano che Faletti, provinciale piemontese affamato di gloria, ha trovato l’opportunità che cercava. A parte il “Pronto Raffaella” del 1983, è stato il leggendario “Drive in” di Italia 1 a inserirlo nel club ristretto dei grandi comici. Il “Drive in” che si registrava negli angusti, caldissimi, fumosi ma affascinanti studi di via Stephenson, estrema periferia nord est, subito sotto la tangenziale. 

In quello studio, così lontano da Cologno e forse anche per questo così libero da ingerenze aziendali, Faletti propose i suoi personaggi più famosi: da Suor Daliso a Carlino (il bambino del giumbotto), dal testimone di Bagnacavallo a Vito Catozzo, il più famoso di tutti, «porco il mondo che c’ho sotto i piedi», autentico simbolo di un’epoca e di una generazione.

Era il 1985 e Faletti aveva 35 anni, ma già un curriculum di tutto rispetto. Il suo Giordano era stato il “Derby”, epico locale di via Monterosa dove per qualche anno s’incrociarono i migliori comici italiani di tutti i tempi: Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Paolo Villaggio, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Diego Abatantuono, Francesco Salvi, Felice Andreasi, Valter Valdi, Enrico Beruschi, Gianfranco Funari, i Gufi, Paolo Rossi. Accanto a loro, questo astigiano di belle speranze che già rivela un talento ineguagliabile. Era la Milano degli anni Settanta, anticipatrice di quella da bere degli anni Ottanta, che proprio Faletti ha descritto nel suo libro (forse il più bello) “Appunti di un venditore di donne”.

La Milano del Derby ma anche quella di Francis Turatello e di Renato Vallanzasca, una metropoli in cui donne, gioco, droga, scommesse, malavita e artisti vivevano in viluppo inestricabile di esistenze sfrenate. Una Milano spumeggiante e oscura, capace di rivelare all’Italia molti talenti. Uno era Giorgio Faletti.