Facchetti: San Siro è la mia seconda casa. Potrebbe diventare lo stadio della Nazionale

Gianfelice, attore e figlio di Giacinto, ha scritto un libro sull’impianto. Il progetto? Serve trasparenza e rispetto della storia

Stadio San Siro a Milano

Stadio San Siro a Milano

Milano - E se lo stadio di San Siro seguisse l’esempio dello Stade de France di Parigi e diventasse lo stadio della Nazionale azzurra? Gianfelice Facchetti, attore, regista, figlio del mitico terzino dell’Inter e della Nazionale Giacinto Facchetti, ha scritto un libro sul Meazza – “C’era una volta a San Siro’’ (prefazione di Luciano Ligabue, Piemme Edizioni, 16,50 euro) – in cui si pone più di una domanda sul futuro della Scala del calcio e del rock.

Facchetti, l’idea del libro nasce prima o dopo la presentazione del progetto del nuovo stadio da parte di Inter e Milan? "L’idea è nata durante il primo lockdown, quando il progetto di Inter e Milan era noto. E ho iniziato a scriverlo quando sono riprese le partite".

Cos’è per lei, interista doc, San Siro? Uno stadio di famiglia? Un luogo del cuore? Un monumento di Milano? "San Siro è un po’ tutte queste cose insieme per me. Dentro lo stadio ho speso tante ore della mia vita, per le partite ma anche per i concerti. San Siro è una seconda casa".

Il progetto del nuovo stadio pensato dalle società punta a ottenere più profitti, in linea con quelli dei grandi club europei. Lei, nel libro, ci vede anche un rischio: «Se si rompesse l’incantesimo? Se nel trasloco svanisse lo spirito che da sempre aleggia sullo stadio?». "Io credo che le architetture e i luoghi definiscano le nostre relazioni. C’è un’umanità destinata a scomparire se si andrà avanti con il progetto del nuovo stadio. Non voglio però dare un’accezione negativa al progetto. Potrebbe nascere un impianto confortevole, in cui ci siano dei bagni dignitosi, nessuno fumi in faccia agli altri e non ci sia il rischio di prendersi un petardo in faccia. Si tratta di trovare un equilibrio tra la poesia, la bellezza e la spontaneità del Meazza, da una parte, e le possibilità che potrebbe offrire un eventuale nuovo impianto".

Già, un equilibrio tra la storia e il business. Se n’è parlato anche di recente quando è stato lanciato il progetto, subito abortito, della Superlega europea. Che ne pensa? Vede qualche legame con il progetto del nuovo stadio? "La lega dei club super ricchi chiama a un super stadio. Un parere sulla Superleague? Io contesto i tempi e i modi con cui è stata comunicata. Ma, al di là di un sentimento spontaneo dei tifosi, non credo al racconto di chi sostiene che abbia vinto “il calcio della gente’’. Perché nei principali campionati europei vincono sempre gli stessi club da oltre dieci anni. Perché il Mondiale in Qatar del 2022 è una delle peggiori idee nella storia del calcio".

Per quale motivo? "Ci sono stati morti per costruire i nuovi stadi e persone pagate per andare a vedere le partite perché lì non c’è interesse per il calcio. Non credo, dunque, che l’attuale politica italiana ed europea del football sia più democratica di quella della Superlega. È un calcio dove comunque vincono sempre gli stessi".

Tornando al progetto stadio, si tratta di una scelta complicata, in primis per il sindaco Giuseppe Sala, ma, se fosse per lei, sarebbe meglio ristrutturare San Siro o costruire un nuovo stadio? "È un argomento delicato, perché non si parla solo di un nuovo impianto, ma di grattacieli, centro commerciale, centro congressi... Se fossi io a decidere, aprirei un dialogo in cui tutti gli elementi vengano messi sul tavolo con assoluta trasparenza e in cui tutti gli interlocutori, compresi i cittadini e i residenti, possano porre delle domande e ottenere delle risposte sul futuro dello stadio. Bisogna “essere giusti con San Siro’’, come titolo il primo capitolo del mio libro. San Siro è un grandissimo luogo di democrazia, lo raccontano sia il calcio che la musica".

Un luogo da preservare? "Tra le varie domande che pongo nel libro, c’è questa: perché lo stadio di San Siro non può essere destinato agli incontri della Nazionale come avviene in Francia con lo Stade de France? Gli Azzurri al Meazza non hanno mai perso".

Proposta interessante. Ma realistica? E in quale scenario? "Se i club non trovassero soddisfazione alle loro richieste rispetto all’attuale progetto e decidessero di realizzare il nuovo stadio altrove, perché non far diventare San Siro lo stadio della Nazionale?"

E se il nuovo stadio, invece, si facesse nell’area di San Siro, meglio “La Cattedrale’’ di Populous o “Gli Anelli’’ di Manica? "Gli Anelli. Milano il suo Duomo già ce l’ha".

Il nuovo impianto dovrebbe conservare l’intitolazione a Giuseppe Meazza o adeguarsi al nome di uno sponsor? "Bisognerebbe salvaguardare la storia e trovare un compromesso".

Il nuovo stadio nascerebbe nel Parco dei Capitani dedicato a suo padre e a Cesare Maldini... "Sì, me ne sono reso conto studiando il progetto del nuovo stadio per il mio volume".

Nel libro lei fa capire che preferisce che Inter e Milan restino a giocare nello stesso stadio per il legame storico che lega le società. E ricorda che nel 1965 la squadra rossonerazzurra MilanInter United sfidò il Chelsea, una partita che molti tifosi non ricordano. "Il legame tra i due club è unico. L’Inter nasce da una costola del Milan. Certo, c’è la rivalità, ma c’è anche molta sportività tra opposte tifoserie, un fatto impensabile a Roma, ad esempio".

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