
Fabrizio Corona
Milano, 9 giugno 2020 - La Corte di Cassazione ha annullato l'ordinanza impugnata contro Fabrizio Corona disponendo il rinvio al tribunale di Sorveglianza di Milano per un nuovo esame. La decisione evita dunque il carcere per Corona che rischiava altri nove mesi di reclusone a causa della revoca dell'affidamento in modo retroattivo, ossia per un nuova ridefinizione nel calcolo della pena. L'ex fotografo dei vip 'festeggia' la notizia su Instagram con 'Hasta la victoria siempre. Vamos guerriero e andiamo".
"Vittoria, sono contento. Giustizia per Fabrizio", sono le prime parole dell'avvocato Ivano Chiesa che aveva presentato il ricorso alla Suprema Corte con il difensore Antonella Calcaterra. Corona attualmente si trova in detenzione domiciliare nella sua abitazione. Lo scorso dicembre, infatti, l'ex 're dei paparazzi' per la terza volta nel giro degli ultimi anni era uscito dal carcere ed era passato in detenzione domiciliare in una comunità terapeutica.
La vicenda
A fine aprile 2019 la Sorveglianza aveva deciso di revocare l'affidamento terapeutico per le cure dalla dipendenza dalla cocaina concesso all'ex agente fotografico nel febbraio 2018 e poi sospeso a fine marzo dello stesso anno, col ritorno in carcere, date le continue violazioni delle regole. I giudici avevano anche stabilito che l'ex 're dei paparazzi' doveva anche scontare nuovamente gli ultimi quasi cinque mesi passati in affidamento, in sostanza annullati dai giudici. E avevano salvato quel periodo tra febbraio e novembre 2018, ma la Procura generale ha chiesto la revoca anche di quei nove mesi per Corona.
La Cassazione ha annullato con rinvio la prima decisione della Sorveglianza e nel novembre 2019 è arrivato il nuovo provvedimento dei magistrati milanesi che ha accolto la richiesta della Procura generalale. Ora, invece, dopo il ricorso della difesa la 'palla' torna nuovamente alla Sorveglianza. I legali di Corona hanno sempre spiegato che non c'erano "i presupposti di fatto" per annullare anche quei nove mesi già scontati, anche perché nella nota vicenda dei contanti trovati nel controsoffitto era arrivata un'assoluzione nel merito, confermata anche in appello e poi diventata definitiva.