
La lista dei desideri presentata dalla società andrebbe a togliere spazio al grande “polmone urbano“. L’assessore Lamiranda: "Per noi il parco resta come è, altrimenti pronti a escutere le fideiussioni".
Tutto da rifare. Ancora una volta. Le aree Falck rischiano il quinto masterplan. Più volumetrie, meno opere pubbliche, la caduta dei vincoli sulle cattedrali storiche ex industriali, minori oneri per le bonifiche. Una lista di desideri che andrà a mangiarsi il grande parco urbano, che doveva essere il risarcimento a un secolo di siderurgia pesante a Sesto San Giovanni.
Il 4 febbraio Milanosesto, la società proprietaria delle aree dismesse, ha scritto al Comune, chiedendo l’avvio di un tavolo di confronto. Tradotto: si tratta della formale richiesta di iter di variante per rivedere l’intero piano integrato di intervento. Nessun dettaglio nella lettera. La “lista della spesa“ è stata portata direttamente agli uffici, nei vari incontri informali.
"Sono proposte di variante non solo al pii (programma integrato di intervento, ndr) ma di fatto a tutto il Pgt", dicono i tecnici di piazza della Resistenza. Nello scenario peggiore, la riconversione delle aree Falck resterebbe ferma per oltre due anni di progettazione oltre al buco temporale dei cantieri già previsti dal 2027 al 2030. "Uno stop che si somma ai precedenti due anni persi tra il riassetto societario di Milanosesto e il nulla avvenuto dal novembre 2023 (mese dell’ingresso di Coima e Redo nella proprietà, ndr) fino a oggi", ammette l’assessore all’Urbanistica Antonio Lamiranda.
Ieri sera il sindaco Roberto Di Stefano ha convocato i capigruppi per informare cosa sta accadendo attorno al progetto di riqualificazione più imponente d’Europa. "Se sono solo aggiustamenti del prodotto finanziario, la risposta è no – ha spiegato il sindaco ai consiglieri –. Ci sembra che queste richieste siano dovute più a un riassetto finanziario che a un’effettiva necessità urbanistica, per portare avanti l’intervento".
Insomma, si inizi a consumare quello che già è stato concesso, vale a dire un milione di metri quadri di superficie lorda. Volumi già moltiplicati più volte, dal primo piano dell’epoca Pasini. Eppure a Milanosesto non basterebbero. Si chiede l’aumento di indice territoriale di 0,2 metri quadri per ogni metro quadro rispetto alle regole attuali, la rimodulazione delle funzioni con un significativo incremento di quella residenziale e la riduzione di quella commerciale, ma anche della dotazione di aree per servizi di interesse pubblico e generale (il parco), la ridefinizione e l’aumento dell’edificabilità.
In sostanza, si chiede un nuovo piano dopo che da quasi sette anni si lavora su quello attuale. "Per noi il parco resta nella sua interezza e resta in fase zero, cioé con le edificazioni che si stanno realizzando oggi. Altrimenti, siamo pronti a escutere tutte le fideiussioni", ha annunciato durante la seduta Lamiranda. Il Comune dice “no“, quindi, a spostare i volumi dentro al futuro polmone verde di 30 ettari complessivi, di cui 13,5 - l’equivalente di 19 campi da calcio - nel comparto Unione.
C’è un’unica concessione su cui l’amministrazione e gli uffici sono disponibili: spostare una parte di volumi, come già fatto con la stecca su via Accierie e Mazzini. "Spostare, non aumentare. Il saldo deve restare identico". Cancellate le collinette verdi lungo viale Italia, lì potrebbero nascere nuove torri residenziali. Un ritorno al passato, al vecchio pii firmato da Renzo Piano per Luigi Zunino vent’anni fa. "Nessun muro di cemento – ha ribadito Lamiranda –. Penso a palazzi a semicerchio vista parco, come Central Park a New York. Equilibrare non significa speculare". Il Comune mette i paletti, minaccia di riprendersi le fideiussioni e il sindaco chiama a raccolta tutta la città. La proposta di Di Stefano è avviare un dibattito pubblico, ampio, con tutti i portatori di interesse, associazioni e partiti politici sulle linee guida di una riconversione, attesa da Sesto San Giovanni dall’ultima colata del 1996.
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