
Il palazzo esploso in via Lomellina nel 2006
Milano, 13 giugno 2016 - Palazzine sventrate, un boato fortissimo, schegge di vetri che volano dappertutto, nuvole di fumo, disperazione. Tragici copioni. E via Brioschi porta alla memoria altri drammatici precedenti.
Via Lomellina, civico 7, ore venti. Era il 18 settembre 2006 quando una fuga di gas provoca una forte esplosione, fa crollare un intero palazzo di quattro piani: il bilancio è di quattro morti, tre adulti e un bambino. C’è il piccolo Francesco Orlando, 7 anni, Tommaso Giaccola, 69 anni, Ilir Ianki, 30 anni ed Esmeralda Sfolcini, 49 anni. Ventisei feriti e 50 persone contuse in maniera meno grave. L’onda d’urto è come uno tsunami, travolge e uccide il giovane albanese Ianki mentre sta uscendo dal bar tabacchi che ha sede al piano terreno dello stabile. Macerie, come in tempo di guerra, ricoprono via Lomellina, si sentono i lamenti dei feriti, c’è una mamma che scava per cercare il suo bambino, Francesco, travolto dal crollo mentre giocava, tranquillo, con la playstation nella sua cameretta. Anche i pompieri scavano, a mani nude, nella disperata ricerca di Francesco. Il bambino è uno dei due figli della coppia titolare del “Bar sette’’. La famiglia abita sopra il negozio e al momento dello scoppio il fratellino di Francesco, Cristian, di quattro anni, scende giù. E si salva. Come i genitori. La mamma non si dà pace, distrutta dal dolore, per averlo lasciato solo. Immagini di una tragedia ancora scolpite nella memoria dei milanesi.
Due anni dopo, 25 giugno 2008, in via Emilio Bianchi, civico 6, in fondo a via Console Marcello, intermezzo meno tragico. Il gas colpisce ancora ma stavolta il bilancio, per fortuna, non è così drammatico. La deflagrazione, alle 15,35, si verifica nella scala H, ultimo piano, dove abita una donna di 43 anni che riporta ustioni in varie parti del corpo. Ferito un bambino tunisino di sei anni che viene medicato e dimesso.
La memoria ci parla ancora. E va indietro nel tempo, ad una mattina del 30 settembre 1994, viale Monza 112. Ore 9,45, in una delle arterie stradali più popolose della città. A quell’ora, come al solito, gente per strada e nei bar. Ancora una tragedia, un’esplosione provocata dal gas, ancora morti, troppi, sette, una quindicina i feriti. Anche qui colpisce osservare la valanga dei detriti, sei piani finiti in polvere. E la disperazione. Si legge sulle facce. Ancora si dice: mai più. E si reclamano controlli, troppe volte le segnalazioni degli abitanti vengono ignorate. Con gli anni arrivano anche le sentenze. Lo scoppio, in viale Monza, ebbe origine al quinto piano dove era residente la signora Concetta Modica, 46 anni, moglie del parrucchiere Gino Messina, dicono i periti. E clamoroso, dopo anni, arriva pure il verdetto dei giudici che ritiene responsabile Aem della tragedia e impone di risarcire 4 miliardi ai 40 danneggiati per quel crollo. Ma non lenisce le ferite, il dolore per quelle morti, forse evitabili, resta ancora oggi intatto nella memoria collettiva. stefania.consenti@ilgiorno.net