Esplosione in via Brioschi, sconto di pena per Pellicanò: dall'ergastolo a 30 anni / VIDEO

Il pubblicitario accusato di strage e devastazione per aver causato un'esplosione nel suo appartamento

Giuseppe Pellicanò in aula (LaPresse)

Giuseppe Pellicanò in aula (LaPresse)

Milano, 17 ottobre 2018 - La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha condannato a 30 anni Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario accusato di strage e devastazione per aver causato un'esplosione nel suo appartamento in una palazzo di via Brioschi nella quale, nel giugno 2016, morirono la sua ex compagna Micaela Masella e una coppia di giovani vicini di casa marchigiani, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, e rimasero ferite gravemente le sue due bimbe. I giudici hanno quindi ritoccato la sentenza di condanna all'ergastolo inflitta in primo grado.

Il sostituto pg Daniela Meliota aveva chiesto la conferma dell'ergastolo. "Il suo stato era quello di chi ha ucciso per rabbia, rancore, gelosia e per essere stato offeso nel suo orgoglio maschile", aveva detto al termine della requisitoria. Pellicanò, prima che il pg chiedesse per lui di nuovo il carcere a vita ritenendo non avesse alcuna «sindrome depressiva» e che non fosse nemmeno semi-infermo, ha preso la parola per leggere una lettera ai familiari delle vittime, pure loro in aula, per dire, questo il senso, che per lui la vera 'pena' è essere lì a guardare in faccia la realtà e tutti coloro a cui ha fatto del male. Il suo difensore, l'avvoccato Alessandra Silvestri, ha ribadito invece di dichiarare l'infermità mentale del suo assistito e la concessione delle attenuanti generiche con la speranza che in futuro l'uomo possa riallacciare i rapporti con le figlie.

Come la Procura Generale pure i legali dei parenti delle vittime hanno chiesto ai giudici di confermare la sentenza del giugno dell'anno scorso, sostenendo, al contrario della consulenza tecnica di parte, che la personalità del pubblicitario milanese "narcisistica ed ossessiva", la sua "rabbia" e il non essere riuscito ad accettare "la fine del rapporto con la compagna" e il "fallimento" di quello con le figlie "non escludano la sua capacità di intendere e volere". "Non ha sopportato le sue frustrazioni e ha messo in atto una logica - ha sottolineato Antonella Calcaterra, l'avvocato delle bimbe ora seguite dai nonni materni e dalla zia - del o con me o tutti mortì" e quindi "non si è suicidato ma ha fatto una strage» con la quale «è stato distrutto tutto. Queste bambine - ha aggiunto - non hanno più un ricordo, nemmeno una foto della mamma su cui piangere». I legali di parte civile hanno anche evidenziato come Pellicanò, in alcune intercettazioni che risalgono al suo ricovero in ospedale dopo la strage, diceva a un'amica che "la sua depressione era minima e che non voleva suicidarsi".

I giudici della corte d'Assise d'Appello, presieduti da Maria Grazia Bernini, pur riducendo a 30 anni la pena dell'ergastolo inflitta a Pellicanò nel giugno 2017 in abbreviato, hanno confermato nel resto la sentenza di primo grado. Allora il gup Chiara Valori, oltre alle pene accessorie di rito e alla condanna al pagamento delle spese processuali, aveva disposto una provvisionale di 400mila euro per ciascuna delle due figliolette di Micaela Masella e del pubblicitario autore della strage, rimaste gravemente ferite nell'esplosione e ora orfane di madre, di 350 mila euro per ognuno dei genitori delle vittime e di 160 mila euro per il fratello di Chiara e per la sorella di Micaela. Dalla lettura del dispositivo pare di capire che la Corte abbia accolto la ricostruzione del giudice Valori e non abbia riconosciuto la semi infermità mentale di Pellicanò e nemmeno le attenuanti generiche come chiesto dalla difesa. L'uomo, presente in aula anche alla lettura del dispositivo, è sembrato impassibile. Le motivazioni del perché è stata ritoccata la pena saranno depositate entro 90 giorni. 

 

 

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