
La cascina abbandonata lungo via Rogoredo è diventata il rifugio di tossici e pusher
Milano, 27 agosto 2019 - Nascosta dietro un cespuglio. Accasciata su un giaciglio di fortuna. Su un terrapieno. Addosso una tuta nera. I segni del pestaggio sul volto. I conati di vomito. Le mani sulla pancia. E quel «buco» recentissimo sul polso sinistro. La storia di Anna (nome di fantasia), 17 anni, ci spiega una volta di più quali drammi si consumino ogni giorno nell’area del boschetto della droga di Rogoredo a Milano, la più grande piazza di spaccio del Nord Italia frequentata da centinaia di tossicodipendenti. Ore 23.05 del 20 agosto, una residente della zona chiama il 112: «C’è qualcuno che sta urlando in uno stabile abbandonato vicino casa mia». Arrivati sul posto, i carabinieri del Radiomobile, che conoscono a fondo quel territorio, sanno bene dove dirigersi: nella cascina in disuso a due passi dalla stazione ferroviaria, diventata da tempo rifugio per decine di eroinomani e luogo di smercio alternativo dopo il giro di vite delle forze dell’ordine sull’area verde di via Sant’Arialdo. Le prime ricerche danno esito negativo, della giovane non c’è traccia; e pure la successiva ispezione sul cavalcavia non risolve il mistero.
I militari continuano a setacciare la zona, e a un certo punto uno di loro nota Anna: è impaurita, trema, nega di aver gridato per chiedere aiuto, «non sono io, sto bene». E invece no: pian piano la diciassettenne si apre con i soccorritori e racconta di essere stata picchiata da un uomo, che le ha dato tre schiaffi al volto e diversi pugni alla pancia; riferisce anche di essere una consumatrice abituale di eroina, che a volte assume anche con la cocaina. Non si è trattato di un’aggressione a scopo di rapina: «Non ho niente con me, né soldi né cellulare». E poi perché quei colpi all’addome? A un’operatrice del 118, la ragazza dice di sospettare di essere incinta. Un sospetto che diventa certezza dopo il ricovero in ospedale: Anna aspetta un bambino da poche settimane. Quell’informazione fa subito ipotizzare agli investigatori che chi ha messo in atto il pestaggio sapeva della gravidanza e forse voleva convincere la giovane ad abortire; una versione non accreditata dalla vittima, che, tutt’altro che lucida nell’esposizione dei fatti, ha escluso qualsiasi collegamento.
Dai successivi accertamenti emerge la vicenda umana e giudiziaria della diciassettenne: originaria dell’hinterland nord di Milano, con precedenti di polizia, è destinataria di una misura di sicurezza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Torino e fino al 7 luglio scorso era ospitata in una comunità di recupero piemontese. Poi la sparizione, sembra legata al timore di essere trasferita in un’altra struttura specializzata al compimento del diciottesimo anno di età, come spiegato ai carabinieri dalla madre della ragazza. Ricoverata nel reparto di Psichiatria di un centro clinico meneghino, di Anna e della sua vicenda sono stati informati i magistrati delle Procura dei minori di Torino e Milano: ora la giovane verrà seguita per far sì che riacquisti l’equilibrio psicofisico, per poi essere accompagnata e consigliata nella scelta di portare avanti o interrompere la gravidanza. Cercando in tutti i modi di tenerla lontana dall’eroina e dal boschetto.