Ergastolo per Ismail il torturatore: definitiva la condanna del somalo

Osman Matammud, accusato di atrocità nei confronti dei migranti in Libia

Osman Matammud, accusato di atrocità nei confronti dei migranti in Libia

Torture, violenze sessuali, e almeno sei morti per le percosse sono stati dimostrati "al di là di ogni ragionevole dubbio" dai giudici milanesi sulle base delle testimonianze, ma anche di altri elementi: la Cassazione ha reso definitivo l’ergastolo a Osman Matammud, detto Ismail (nella foto), per le torture e le violenze sessuali nel campo di Bani Walid, in Libia. Ad incastrare “Ismail“ i racconti di suoi connazionali, che nel 2016 l’hanno riconosciuto in un centro di accoglienza di Milano, e hanno poi testimoniato nel processo in Corte d’assise le sevizie subite. Le violenze avevano trovato conferma anche negli accertamenti medico-legali eseguiti.

Secondo la prima sezione penale della Cassazione, che ha depositato ieri le motivazioni della sentenza emessa lo scorso ottobre, è stato compiuto dai giudici "uno stringente ed accurato screening delle dichiarazioni rese dalle vittime", sovrapponendole alle "ulteriori risultanze istruttorie", e nelle sentenze sono indicate le ragioni "che tranquillizzano circa la sincerità" dei racconti.

La difesa dell’imputato ne contestava la "patente di attendibilità". Ha sostenuto che il giovane, non godesse all’interno del campo di autonomia tale da decidere della vita o della morte e che avesse intrapreso il viaggio in condizioni simili a quelle degli altri migranti. La Cassazione, invece, pone il risalto il "carattere di spontaneità, coerenza, precisione e dettaglio" delle testimonianze, in numero "tutt’altro che esiguo" e il contributo degli accertamenti eseguiti sulle vittime.

L’attendibilità, come spiegato nelle sentenze di merito, non è messa in dubbio dal fatto che i migranti non abbiano, all’arrivo in Italia, sporto immediatamente denuncia "nei confronti di chi, dopo averli sottoposti ad angherie inumane, aveva attraversato il Mediterraneo al loro fianco e aveva, come loro, raggiunto le coste europee". E per la Cassazione il fatto che lo stesso imputato, a sua volta, non potesse sottrarsi al suo carnefice è "sfornito di supporto probatorio".

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