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Caso Equalize, Enrico Pazzali torna presidente di Fondazione Fiera Milano

Il manager si era autosospeso dopo gli arresti dello scorso ottobre per lo scandalo dossieraggi. Intanto ai attende la decisione sui domiciliari

Enrico Pazzali

Enrico Pazzali

Milano – Enrico Pazzali torna alla guida di Fondazione Fiera Milano. Il manager indagato per il presunto scandalo sui dossieraggi della Equalize ha comunicato questa mattina, mercoledì 4 giugno, la revoca dell'autosospensione da presidente dell'ente.

Pazzali si era autosospeso dopo gli arresti dello scorso ottobre per lo scandalo dossieraggi, che tuttavia non lo avevano riguardato. Nei mesi scorsi su Pazzali, fondatore di Equalize, era stato fatto pressing da più parti affinché si dimettesse dal suo incarico, tuttavia il manager è rimasto fermo sull’autosospensione. Fino a oggi, appunto, giorno in cui ha revocato la misura. 

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Si attende la decisione del Riesame nei suoi confronti dopo che i pm hanno insistito sui domiciliari bocciati dal gip. A fine marzo si sono infatti tenute le udienze al Riesame (da più di due mesi si attendono le decisioni), dopo che i pm Francesco De Tommasi della Dda milanese e Antonello Ardituro della Dna hanno insistito nel chiedere misure cautelari che erano state bocciate dal gip per alcuni indagati, tra cui Pazzali, accusato di associazione per delinquere finalizzata agli accessi abusivi nelle banche dati strategiche nazionali, come lo Sdi delle forze dell'ordine. Secondo la difesa di Pazzali, rappresentato dall'avvocato Federico Cecconi, il manager, che era anche titolare di Equalize, era tenuto "all'oscuro" delle attività illecite, ossia dell'acquisizione di informazioni segrete dalle banche dati, dal gruppo operativo che ruotava attorno all'agenzia investigativa da lui fondata. In particolare, di ciò che facevano l'ex superpoliziotto Carmine Gallo, morto a marzo, e l'hacker Nunzio Samuele Calamucci. Anzi, sempre secondo la difesa, sarebbe stato "vittima" delle "attività di camuffamento dei report", che mescolavano dati illegali e da fonti aperte, mentre il business della società, da qual che sapeva lui, si basava su relazioni "reputazionali" perfettamente legali.

Quelle ricerche su personalità note anche a lui legate, di cui Pazzali parlava nelle intercettazioni agli atti dell'inchiesta sulle presunte cyber-spie, come quelle su Ignazio La Russa e i figli, erano solo dimostrative per "verificare, in termini di riscontro con le notizie pubbliche e con quelle a lui note, il funzionamento e l'efficienza del software", la piattaforma Beyond, aggregatore di dati.

Per i pm, invece, Pazzali deve essere arrestato, anche perché era il "capo" del gruppo e c'è anche il pericolo che possa "acquisire informazioni segrete relative alle indagini a proprio carico", entrando in chat e mail degli investigatori "sulle quali scorrono" dati ed elementi dell'inchiesta. E ciò grazie ai "servizi illeciti offerti" da Gabriele Pegoraro, anche lui indagato e "a piede libero", o da altri hacker.