Zelig a rischio, Enrico Bertolino: “Proprio ora che serve la satira contro il governo”

L’attore ricorda i suoi esordi sul palco di viale Monza. “La chiusura? Una bruttissima notizia”

Enrico Bertolino

Enrico Bertolino

Milano – "Una bruttissima notizia, che segna il finale di un'epoca”. Commenta così Enrico Bertolino la (quasi) chiusura dello Zelig per fallimento. “Milano ha già visto chiudere il 'Derby' e la chiusura dello 'Zelig' sarebbe davvero una perdita enorme – commenta il comico milanese ad AdnKronos -. Anche se sento dire che c'è il tentativo di rianimare una situazione che pare al collasso, con una gestione di sei mesi in autonomia, con voci che vedono anche l'intervento di Mediaset che avrebbe preso il marchio già ora presente nel suo palinsesto tv". 

"La chiusura sarebbe un vero peccato, perché questo è proprio il momento in cui servirebbe di più la presenza forte della satira, politica e di costume. Ma in un Paese che non ha più un'opposizione, è normale che sparisca anche il cabaret, che è opposizione al potere, a qualunque potere di qualsiasi colore", sottolinea. "Sono tuttora un socio in liquidazione con una minima quota rilevata da un attore in difficoltà: ma l'ho fatto con amore e mi sentivo onorato di appartenere alla famiglia di Zelig: e quando una famiglia finisce in tribunale è una cosa bruttissima...", commenta Bertolino.

Un marchio, quello di Zelig, "diventato famoso e garanzia di comicità di qualità. È brutto vedere che si toglie un palco in più per la realizzazione dei sogni di tanti ragazzi. Noi abbiamo avuto la fortuna di averlo: per la mia carriera è stato un autentico colpo di fortuna, arrivato a 37 anni e dunque in età molto avanzata per un comico. Arrivare allo Zelig era come per un cantante essere ammesso alla Scala o per un aspirante ingegnere al Mit di Boston".

Ricorda ancora l'attore: "Sono passate figure storiche dallo Zelig, che si sono proposte a un pubblico competente. Esibirsi allo Zelig, dove arrivavano da ogni parte d'Italia, era come proporsi all'Accademia del Comico. Una dimensione che non si può riprodurre a tavolino". Eppure, sottolinea Bertolino, "questo sarebbe proprio il tempo giusto per far ripartire il genere 'cabaret': c'è bisogno di gente che racconti storie, non di battutisti da Twitter o TikTok; c'è bisogno di parlare alla gente, per metterla in condizione di ragionare, di riflettere, lasciandole anche un retrogusto amaro e irriverente all'uscita dal teatro".

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