LUCA TAVECCHIO
Cronaca

Emergency, trent’anni di impegno: "Non ci arrendiamo alla guerra"

Rossella Miccio, presidente dell’Ong fondata da Gino Strada: "Sempre dalla parte delle vittime, anche nelle zone più pericolose. Divisivi? No, siamo coerenti: ci battiamo perché le armi finalmente tacciano"

Rossella Miccio, presidente di Emergency dal 2017

Rossella Miccio, presidente di Emergency dal 2017

Milano – Sono passati trent’anni da quando Gino Strada, sua moglie Teresa Sarti, Carlo Garbagnati, Giulio Cristoffanini e altri amici lanciarono la prima raccolta fondi per dare assistenza sanitaria alle vittime del genocidio in Ruanda. Misero insieme 12 milioni di lire.

Nacque così, tra i tavoli del Tempio d’Oro di via delle Leghe, Emergency. Che, da scommessa “folle“ di alcuni amici idealisti e visionari è diventata una delle realtà umanitarie più importanti d’Italia. Con ospedali nelle zone di guerra più pericolose del mondo e 13 milioni di persone curate gratuitamente dal 1994 ad oggi. Teresa Sarti è morta nel 2009, Gino Strada nel 2021, ma l’Ong è riuscita ad andare oltre il carisma dei suoi fondatori e continuare a crescere. Dopo trent’anni dalla sua fondazione può contare su 2.000 volontari solo in Italia, dove ha sedi in tutte le regioni, e un bellissimo, e molto frequentato, quartier generale in via Santa Croce, dove oggi a partire dalle 11 è in programma un’intera giornata di eventi per celebrarne il compleanno.

Dal 2017 a guidare Emergency c’è Rossella Miccio, 50 anni, 24 dei quali passati nella Ong milanese. "Ringrazierò sempre Emergency - dice - per la possibilità che mi ha dato di sentirmi utile e di avere uno sguardo sul mondo, sulle sue sofferenze, che altrimenti non avrei avuto. Ora, per esempio, sono appena rientrata dal Sudan, dov’è in corso una catastrofe umanitaria ignorata da tutti i governi del mondo. Emergency è una delle poche organizzazioni che è rimasta e che garantisce cure gratuite a tutta la popolazione, senza distinzioni".

Rossella Miccio, partiamo proprio dal Sudan, e approfittiamo del compleanno di Emergency, per raccontare una realtà dimenticata. Com’è la situazione?

"Tragica. E a più di un anno dall’inizio del nuovo conflitto, continua a peggiorare. Milioni di profughi, niente elettricità e acqua, beni di prima necessità assenti. Eppure nessuno parla più del Sudan. Emergency è rimasta, anche se le condizioni sono sempre più difficili. Il nostro ospedale di Nyala, in Darfur, è stato saccheggiato dagli uomini del Rsf (Rapid Support Forces, le formazioni paramilitari che combattono la giunta militare di Abdel Fattah al Burhan, ndr ). Siamo riusciti a riattivarlo almeno per garantire le cure minime, ma per tornare alla piena operatività ci vorranno ancora mesi. Anche questo dà la misura di quanto la guerra sia diventata ormai senza regole: non si rispettano nemmeno i principi umanitari minimi, come appunto la salvaguardia degli ospedali".

La guerra ormai non scandalizza più nessuno, c’è un’assuefazione all’idea che sia inevitabile, non vi sentite sconfitti?

"Soprattutto da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, sembra che nessuno si ponga più il problema di far innanzitutto tacere le armi. E lo stesso accade a Gaza. Del resto, gli Stati Uniti poco tempo fa hanno approvato stanziamenti per 9 miliardi di dollari in aiuti umanitari e 92 miliardi per gli armamenti di Ucraina, Israele e Taiwan. Il rapporto purtroppo è questo. Noi però non ci arrendiamo. Nel 1997 abbiamo vinto la battaglia sulla messa al bando delle mine antiuomo: sembrava impossibile, visto che l’Italia era uno dei principali produttori, eppure ce l’abbiamo fatta. Ora è vero che c’è una sensibilità diversa e smuovere la politica su questi temi è sempre più difficile, ma questo non ci ferma. Basta vedere l’entusiasmo e l’impegno dei nostri volontari per capirlo".

C’è chi ha accusato Emergency di essere “divisiva“, cosa ne pensa?

"Se essere coerenti significa essere divisivi allora lo siamo. Noi crediamo che non ci debbano essere guerre. Noi la guerra la conosciamo bene, curiamo le ferite vere, terribili, delle persone che ne sono vittima. Anche la nostra Costituzione dice chiaramente che l’Italia ripudia la guerra. Il nostro impegno è trasformare queste parole in realtà".