ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Elettrodomestico in crisi: "Pesano Asia e mattone. Gli incentivi? Una droga"

L’analisi di Fabio Corno, docente di Economia alla Bicocca di Milano "Aprire alla Cina un errore, ma ora è tardi. Puntiamo su altri settori".

Elettrodomestico in crisi: "Pesano Asia e mattone. Gli incentivi? Una droga"

L’analisi di Fabio Corno, docente di Economia alla Bicocca di Milano "Aprire alla Cina un errore, ma ora è tardi. Puntiamo su altri settori".

Una "tempesta perfetta" si è abbattuta sull’industria del "bianco". La produzione italiana di grandi elettrodomestici non solo deve fronteggiare la temibile concorrenza asiatica. Secondo Fabio Corno, docente di economia aziendale all’università di Milano Bicocca, l’industria di lavatrici, frigoriferi e lavastoviglie sconta anche l’immobilità del mercato immobiliare e i costi alti della filiera. Gli effetti sono già visibili, con impatti sull’occupazione. A tenere banco negli ultimi giorni il caso Beko Europe. L’ex Whirpool, diventata di proprietà della multinazionale turca Arcelik appena lo scorso aprile, ha annunciato il suo piano per l’Italia. Un piano lacrime e sangue, con 1.935 esuberi su 4.440 occupati. Ma altre realtà, come Electrolux e Haier-Candy tremano, insieme all’indotto.

Professor Corno, quali sono le cause delle difficoltà in cui versa la filiera italiana del bianco?

"Non ce n’è una sola. L’Italia ha il parco di elettrodomestici molto vecchio, con frigoriferi che hanno un’età media tra i 14 e i 18 anni e lavatrici che oscillano tra i 12 e i 14 anni. Tuttavia negli ultimi due anni c’è stato un calo di vendite importante. Lo scorso gennaio si è chiuso con la flessione del -10,2%. Il settore sconta la paralisi del mercato del real estate e un problema di competitività internazionale, fra costi alti della nostra filiera e la concorrenza di player asiatici che offrono elettrodomestici a prezzi più bassi. Ricordo che in Europa la quota di bianco di importazione asiatica è passata in 10 anni dal 15% al 22%".

Più voci reputano oggi un errore l’ingresso a pieno titolo della Cina nel Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, nel 2001.

"Lo penso anche io. Nella competizione globale non si è giocato alle stesse regole e non si è tenuto conto delle forti differenze in ambito economico e sociale. Oggi però lo scenario sta cambiando. L’utopia del mondo tutto aperto si sta scontrando con le decisioni di Paesi che intendono chiudere le loro porte. Succede in America con le politiche economiche protezionistiche e la chiusura delle frontiere annunciate da Donald Trump ma anche in Europa".

Tornando allo scenario italiano, un bonus per favorire la sostituzione degli elettrodomestici è utile a risollevare le sorti del comparto?

"Gli incentivi sono come una bombola di ossigeno che prima o poi finisce".

L’esercizio della golden power come scudo sull’occupazione nel caso Beko?

"Ho seri dubbi sulla sua efficacia. Fino a che punto le aziende possono andare avanti a produrre in modo anti-economico? Le prospettive non sono rosee. Le proiezioni relative alla domanda di elettrodomestici non prevedono una ripresa sostenibile. Ci si aspetta un tasso di crescita annuo di meno dell’1%. Urge una revisione profonda e strutturale dell’industria manifatturiera italiana. Bisogna avviare politiche di nuova industrializzazione, con la consapevolezza però che ci sono terreni dove la nostra filiera è perdente. Alimentare false speranze non sarebbe ragionevole".