SIMONA BALLATORE
Cronaca

Asili nido, l’incubo della carenza di personale, tra chiusure improvvise e multe: “Così rischiamo di soccombere”

Tra le titolari delle strutture convenzionate c’è molta preoccupazione perché le assenze delle educatrici, specie di inverno, sono molto difficili da tamponare

Alessandra De Giuli è titolare di un nido bilingue

Alessandra De Giuli è titolare di un nido bilingue

Milano –  Il telefono di Assonidi continua a squillare: sono 180 le strutture associate a Milano su 250 nidi e micronidi privati. La domanda - o meglio il grido d’aiuto - è lo stesso: "Non troviamo educatori e sostituti”. Un problema cronico che si è aggravato con l’inverno: “Con le assenze per malattia la situazione sta diventando ingestibile, perché non c’è flessibilità per “tamponare“ le emergenze – spiega Paolo Uniti, direttore di Assonidi –: il rapporto tra educatrici e bambini va mantenuto sempre, e non c’è possibilità di attingere ad altre risorse perché c’è il limite del titolo di studio”. Succede così che ci siano strutture costrette a chiusure straordinarie, con famiglie arrabbiatissime, o c’è chi “sgarra“ anche solo di un’ora o trova una ausiliaria e incorre in multe, molto salate. “Il privato si trova in una situazione drammatica – continua Uniti –: chi è riuscito a sopravvivere alla pandemia, rischia di chiudere ora. Solo su Milano già tre strutture sono già seriamente a rischio”.

Arrivano telefonate e non solo. "C’è chi le sta provando tutte – spiega il direttore di Assonidi –: una titolare va in pellegrinaggio tutti i giorni all’università per cercare tra le laureande. Appende bigliettini ovunque, sembra la ricerca di persone scomparse. È un mestiere che serve tantissimo, ma che pochi vogliono fare ancora”. Certo, ci sono gli stipendi che frenano le laureate (un’educatrice al nido guadagna circa 1.200 euro) a fronte di responsabilità che crescono. “Ogni anno scriviamo a Roma, abbiamo chiesto di ripristinare la figura della puericultrice, serve una soluzione”, scuote la testa Uniti, scettico anche sull’ordine del giorno che impegna il Comune ad acquistare almeno 200 posti in più dei privati: “Possono chiederne anche 600, ma se non si risolve questa emergenza educatori e le tariffe restano quelle di 10 anni fa i nidi non riusciranno a rispondere”.

Alessandra Empiri

Alessandra Empiri, 49 anni, che gestisce un nido a Milano (22 bimbi e tre educatrici), ha chiamato Assonidi in questi giorni. "Pensavo di essere l’unica in questa emergenza... mi sbagliavo".

Com’è la situazione?

"Drammatica. Pensavamo con la pandemia di avere superato la prova, tanti nidi purtroppo non ce l’hanno fatta e hanno chiuso. E invece ci siamo trovati davanti due macrocriticità. La prima: la richiesta del rapporto numerico, che deve essere sempre costante, tra educatrici e bambini. Sia chiaro, lo rispettiamo sempre. Ma non si tiene conto delle difficoltà temporanee".

Quali?

"In questo periodo malattie, permessi per imprevisti. Nel mio nido lavorano tre educatrici a tempo indeterminato. Faccio fatica a sostituirle soprattutto per assenze giornaliere. Prima di tutto come le inquadro? Non posso pagarle a gettone. Secondo: dove le trovo? Anche le sostitute devono essere per forza laureate, senza contare il fatto che un foglio di carta non dà garanzie, servono empatia e passione per il lavoro".

Come si fa?

"Con acrobazie. Io sono laureata ma in filosofia con indirizzo psicologico e ho un master in psicomotricità. Non posso sostituirle. Ho chiamato una mia amica psicologa e psicoterapeuta che aveva i titoli per non chiudere l’asilo all’improvviso e mettere in difficoltà le famiglie, che magari hanno già dovuto fare a loro volta acrobazie per gestire le assenze per malattia dei loro figli. Non si può andare avanti così".

Cristina Ceraolo

“Sto pensando seriamente di rinunciare a quello che è sempre stato il mio sogno, fin da bambina”: Cristina Ceraolo, 37 anni, era riuscita a trasformare quel sogno in realtà nel 2014, con la mamma: avevano gli stessi titoli, hanno aperto un nido a Milano, in zona 2: oggi si occupa di 21 bimbi e tre educatrici.

Cosa la preoccupa di più?

“La gestione del personale: l’anno si è aperto con la ricerca di una sostituzione maternità. Quando sono arrivata a 70 curriculum ho smesso di contarli. Per me è sempre stato importante creare un ambiente familiare ma credo si sia persa la dedizione al lavoro: assenze dall’oggi al domani, persone che mandano il cv e non si presentano appena sanno che è una posizione a tempo determinato, senza pensare che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più viste le esigenze che ci sono. E tante persone senza qualifica: la laurea è diventata obbligatoria”.

Lo stipendio - in media sui 1.200 euro - frena.

“Vero, ma pensi che ho guadagnato duemila euro in più delle mie dipendenti a fine anno. Vale la pena per tutte queste responsabilità e fatiche?.

E con le emergenze come si fa?

“Cerco di coprire io tutti i turni che mancano, sia di apertura che di chiusura. Ho dovuto cambiare gli orari di ingresso, per tre volte sono stata costretta a chiusure straordinarie perché mi mancavano tutte e tre le educatrici e non trovavo nessuna sostituta in tempo zero. Con famiglie, giustamente, infuriate perché il servizio va garantito e tanti genitori non hanno altri aiuti. Mi creda, sta diventando impossibile. Sono sopravvissuta con il mio nido al Covid perché non avevo l’affitto da pagare. Non mi interessa guadagnare di più, l’importante per me è andare al lavoro col sorriso. Lo sto perdendo”.

Alessandra De Giuli

In pochi mesi si è trovata a sostituire cinque educatrici. Un’impresa. Alessandra De Giuli, 62 anni, è titolare del nido bilingue “Bi.Ni“ di Peschiera Borromeo: 23 posti. Laureata in legge, aveva aperto un nido aziendale nella società per cui lavorava prima della svolta, 13 anni fa. “Questo lavoro è la mia vita, l’ho scelto anche per dare la possibilità ad altre mamme lavoratrici di poter fare entrambe le cose. Peccato che il Legislatore sembra si stia impegnando a renderci la vita impossibile”, spiega.

Quali sono gli ostacoli più grandi?

“Primo: reperire il personale, per far fronte all’ordinaria amministrazione ma anche a situazioni contingenti. C’è stata una modifica alla normativa: possono essere assunte solo le laureate. L’intento di avere un livello culturale più ampio si scontra con la pratica: la vera preparazione è fatta sul campo. Non c’è apprendistato, si è persa la figura della puericultrice, e a parità di formazione e stage posso assumere una diplomata del 2022 ma non del 2023: è stato scorretto anche per loro. Mentre noi dobbiamo fare i salti mortali per trovare un’educatrice”.

Come ci è riuscita?

“Ho bussato a tutte le porte, ho assunto una laureanda come ausiliaria per formarla: appena si laurea integro l’orario e cambio mansione. Mi sono rivolta a una Mad per le scuole dell’infanzia, le messe a disposizione. Ma sono arrabbiata. Mancano i posti nei nidi, ci sono liste d’attesa e quelli che ci sono rischiano di chiudere? Non parlate di sostegno alla maternità. Vorrei ampliare il servizio e invece sono dilaniata tra colloqui, burocrazia e liste di cose che devo avere per l’Ats per non incorrere in multe. Si controlli la cura offerta a bambini e famiglie, che qui è massima2.