
Uno degli articoli pubblicati in queste settimane da “Il Giorno“ sui problemi di personale
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Milano - La Regione Lombardia prova a rispondere a quella carenza di personale che da mesi sta mettendo in seria difficoltà chi gestisce i servizi rivolti alla prima infanzia, ai minori e alle persone con disabilità nonché le famiglie che di tali servizi dovrebbero essere destinatarie. Un problema che negli ultimi mesi è stato denunciato più volte su queste pagine – soprattutto per quanto riguarda l’ambito della disabilità – sia dai responsabili degli enti sia dalle famiglie. Ieri la Giunta regionale ha quindi approvato una delibera che allarga lo spettro dei titoli di studio validi per lavorare come operatore socio-educativo e, in particolare, come educatore professionale. L’auspicio è che allargando lo spettro dei titoli ammissibili, si ampli anche la platea di coloro che possono essere messi sotto contratto.
Nel dettaglio, l’esecutivo di Palazzo Lombardia ha previsto da qui alla fine del 2023 una deroga al decreto legislativo 65 del 2017, quello col quale il Governo ha fissato i requisiti di alcune professioni del socio-assistenziale ed entrato in vigore dall’anno accademico 2019-2020. Da allora per lavorare come operatore socio-educativo negli asili nido, nei micronidi e nei centri di prima infanzia è obbligatorio avere una laurea in Scienze dell’educazione e della formazione (con indirizzo per i servizi per l’infanzia) o una laurea quinquennale in Scienze delle formazione primaria.
La Regione, nella delibera, prende però atto che "i corsi di laurea attivati negli atenei a partire dall’anno accademico 2019-2020 consentiranno di poter disporre del personale in possesso dei titoli previsti dal decreto non prima della conclusione dell’anno accademico 2021-2022", che intanto "è necessario garantire il soddisfacimento da parte dei servizi educativi per la prima infanzia degli standard di personale previsti dalle disposizioni regionali e garantire un adeguato livello di risposta da parte della rete ai bisogni delle famiglie" e, infine, che "è fondamentale evitare che la possibile carenza di operatori rispondenti ai requisiti di legge possa influire sulla capacità e sulla qualità dei servizi".
Da qui la deroga: per lavorare come operatore socio-educativo in asili nido, micronidi e centri per la prima infanzia "rimangono validi" alcuni diplomi che erano stati invece superati dal decreto del 2017, quali il diploma di maturità magistrale o del liceo sociopsicopedagogico, il diploma di abilitazione all’insegnamento nelle scuole di grado preparatorio o di dirigenti di comunità, il diploma di tecnico dei servizi sociosanitari o dei servizi sociali e assistente di comunità infantile, nonché i titoli di puericultrice, vigilatrice d’infanzia e operatore dei servizi sociali. Accanto a questi, ecco riabilitate le lauree in Scienze e Tecniche psicologiche, Sociologia, Programmazione e gestione dei servizi educativi, Scienze dell’Educazione degli adulti e della formazione continua, Scienze pedagogiche e la laurea in Teorie e metodologie dell’e-learning.
Provvedimento analogo per facilitare l’assunzione di educatori professionali limitatamente ai servizi residenziali e semiresidenziali per minori e persone con disabilità. In questo caso la delibera della Regione prevede che "qualora le procedure di selezione non abbiano condotto all’individuazione di personale socio-educativo in possesso delle caratteristiche" specificate dal decreto, "il gestore, entro il 31 dicembre 2023, potrà completare il fabbisogno di personale educativo assumendo anche chi è in possesso di diploma professionale o istruzione di grado superiore con comprovata esperienza di almeno 3 anni in ambito socio-educativo ed esperienza specifica in area minori e disabili".
Una prima risposta, questa, da parte della Regione. Un tentativo di rompere lo stallo e alleviare il problema, anche se i servizi a domicilio rivolti a disabili gravi e gravissimi non sono inclusi nella delibera. "Il nostro provvedimento rappresenta un principio di soluzione di un problema che è di portata nazionale – dichiara Alessandra Locatelli, assessore regionale con deleghe a Solidarietà sociale e Disabilità –. Il nostro è un segnale, ma bisogna intervenire anche ad altri livelli, a partire da quello contrattuale: quello dell’educatore professionale è un lavoro qualificato, faticoso e delicato ma è sottopagato e questo non aiuta a raggiungere gli standard di personale necessari per rispondere alle famiglie".
giambattista.anastasio@ilgiorno.net