
Enrico Cappricci (foto), 73 anni, rinomato neurochirurgo del Policlinico di Milano in pensione per settimane si è rimesso il camice ed è stato silenziosamente, quotidianamente presente come volontario nella Rsa Emilio Bernardelli della Clinica san Carlo di Paderno Dugnano. Struttura privata accreditata al Servizio Sanitario Lombardo, fondata nel 1996, all’Rsa sono disponibili 119 posti letto. Gli ospiti presenti con complicanze sono stati trasferiti nei reparti ospedalieri dove ci sono 127 posti letto dedicati al Covid. A oggi sono deceduti, per colpa del virus, sei ospiti in casa di riposo e sei in ospedale. Circa il 50% degli ospiti in Rsa sono positivi. In questo quadro arriva la fine forzata del volontariato per il neurochirurgo, dato che "l’assicurazione non copre dai rischi del contagio".
Come è nata la decisione di diventare volontario?
"Sono in pensione da qualche anno e mi sono sempre dedicato ad attività di volontariato di socializzazione e di mensa per indigenti con i Fratelli di San Francesco.
A metà febbraio iniziava l’emergenza Covid che ha colpito persone e soprattutto medici che si sono ammalati. Quando il mio amico Guido Moreo, che lavora come primario di Medicina alla Clinica San Carlo, mi ha scritto raccontandoci la difficoltà della situazione, mi sono sentito di rispondergli: "Vengo a darti una mano". Così, dopo due giorni nel reparto di Medicina ho scelto di occuparmi degli ospiti della Rsa, isolati nelle loro camere".
Quali attività svolgeva?
"Mi sono occupato della rilevazione dei parametri vitali dei pazienti: saturazione, pressione, misurazione della febbre e monitoraggio degli altri sintomi. Mi sono reso conto che gli ospiti, che sono ultranovantenni, avevano soprattutto bisogno di socialità, di scambiare qualche parola, un po’ di compagnia. Gli raccontavo cosa avevo mangiato a cena o dei piccoli aneddoti quotidiani. Credo che il mio contributo più importante sia stato questo: avergli fatto trascorrere qualche momento di compagnia".
L’aspetto più bello?
"I sorrisi. Gli ospiti mi riconoscevano anche se ero bardato con mascherina e occhiali e aspettavano il mio arrivo per scambiare qualche parola".
E il più brutto?
"Il rammarico di dover riappendere il camice a un chiodo".
Monica Guerci