
A processo per maltrattamenti, violenza sessuale aggravata e lesioni nei confronti della ex moglie, madre dei suoi figli, rimedia in primo grado una condanna a 4 mesi per averle fatto un occhio nero con un pugno, ma viene assolto dalle altre accuse. Ora però la Corte d’appello ha ribaltato il verdetto: i giudici hanno dichiarato quel marito responsabile di tutte le imputazioni, ma non possono infliggergli alcuna pena. Il motivo? Procedurale. La Procura e la Procura generale non avevano impugnato l’assoluzione, e nel giudizio di secondo grado sono confluiti solo i ricorsi di parte civile e difesa. Il processo era dunque monco, e si è concluso solo con la definizione del risarcimento danni: 10mila euro. L’imputato è un 51enne marocchino, come la ex, 35enne, mamma di due bimbi di 5 e 11 anni, sposata nel 2007 grazie a un patto tra famiglie. La coppia si stabilì a Caino, nel Bresciano. "Tu sei qui per servirmi e soddisfarmi" era la frase che lei si sentiva ripetere, obbligata a rapporti sessuali violenti quotidiani, contro la sua volontà, perfino quando lei era immobilizzata a letto, con il bacino fratturato, per un incidente stradale. In caso di rifiuto, il pestaggio era automatico. Anni, prima che la donna trovasse il coraggio di denunciare. Fino al 2015. Solo grazie all’intervento paziente dei carabinieri è crollato il muro della paura, ed è stato ricostruito l’incubo. L’ex marito, nel frattempo tornato in Marocco e convolato a nuove nozze, a suo dire fuori di sé per colpa di quella consorte che lo tradiva, ha in gran parte negato le violenze. "Inaudito che non venga condannato - dice l’avvocato Laura Simeone, che assiste la parte civile ed è pronta a portare il caso davanti alla Corte di giustizia europea -. Come è inaudito che ancor oggi una donna stuprata, picchiata e minacciata fatichi a essere creduta perché vive un travaglio interiore che a volte può portarla a contraddirsi".