Milano, 18 marzo 2024 – I soldi della droga viaggiavano in taxi. Centinaia di migliaia di euro destinate a un negozio di Chinatown, con successivo trasferimento del denaro in Spagna. Il corriere dei narcos, sostengono gli investigatori, era il tassista M.T., 31 anni, che nell’ottobre scorso è stato messo ai domiciliari con l’accusa di riciclaggio. L’operazione della Guardia di finanza, seconda tranche dell’inchiesta che nel 2022 portò in carcere tra gli altri l’ex procuratore capo dell’Associazione arbitri Rosario D’Onofrio, ha coinvolto in totale 58 persone.
Il sistema
A svelare il mestiere del trasportatore di quattrini è una sentenza della Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dal legale di T. contro la misura cautelare disposta dal gip Massimo Baraldo, poi attenuata con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Stando a quanto accertato dall’indagine dei militari del Gico, il trentunenne avrebbe "effettuato in più occasioni il trasporto e la consegna di ingenti somme di denaro, tra il marzo e il luglio 2021, presso l’hawaladar cinese “Luca Pelletteria”, destinate a essere trasferite in Spagna con il sistema hawala". Vale a dire con il metodo di trasferimento valori, in voga soprattutto in Nordafrica, che si basa su una rete di mediatori e su un passaggio di contanti che non prevede il contatto fisico. L’avvocato dell’indagato ha contestato in primo luogo la mancata riqualificazione giuridica del reato da riciclaggio a favoreggiamento reale.
La difesa
Sì, perché T. ha dichiarato di aver "agito nell’esclusivo interesse del suo amico di infanzia R." e di non essere mai stato a conoscenza del fatto che quelle somme "fossero provento dell’attività svolta dall’associazione dedita al narcotraffico e che poi dovessero essere trasferite in Spagna". Il tassista, la difesa, "si è limitato a consegnare il sacchetto con il denaro a un soggetto cinese e ad attendere che questi provvedesse al conteggio".
Una tesi respinta dai giudici , secondo i quali il reato di riciclaggio si è perfezionato nel momento in cui T. ha consegnato i contanti all’hawaladar, partecipando al processo di “ripulitura” del denaro “sporco”. E ancora: la Suprema Corte ha condiviso le conclusioni del Tribunale anche sul fatto che il trentunenne fosse "senz’altro consapevole della provenienza illecita del denaro quando effettuava le consegne". Tre i motivi. Il primo: "T. portava centinaia di migliaia di euro in una busta in un negozio cinese di articoli in pelle e li consegnava a un soggetto che non gli rilasciava alcuna ricevuta". Il secondo: "Per ogni consegna, egli riceveva un elevato compenso (inizialmente 250 euro e in un secondo momento 500 euro)". Il terzo: "L’indagato usava molte cautele ed era ben attento a non lasciare alcuna traccia delle operazioni". Riconosciute pure le esigenze cautelari: "Legittimamente l’ordinanza ha ritenuto elevato il pericolo di recidiva".