Droga, AK-47 e frodi. Gli affari dei Flachi: "Tutto in famiglia, ragazzi in gamba"

Il libro mastro, gli incontri al Metropoli e la base nell’officina. Contatti con un ex carabiniere e con un ispettore della Dia

Le Fiamme Gialle in azione

Le Fiamme Gialle in azione

Milano - È la sera del 22 febbraio dell’anno scorso. Davide Flachi, detto "il gigante", nella sua casa riepiloga ad altra voce alla moglie somme di denaro annotate su una sorta di “libro mastro“ dei traffici di droga. Snocciola migliaia di euro, con riferimenti a vie e quartieri di Milano, già incassati o ancora da recuperare: "Monza seimila viene 13.350, Imbonati seimila viene 31 (...) San Siro già prese duemila".

Una contabilità degli affari di famiglia intercettata nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano - condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Milano e Pavia con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma - che ha azzerato la cosca con al vertice Davide Flachi, 43 anni, figlio dello storico esponente della ’ndrangheta Pepè Flachi soprannominato il boss della Comasina e amico di Renato Vallanzasca, morto lo scorso gennaio. Fra i 13 fermati, oltre a Davide Flachi, che aveva preso le redini del clan, anche i parenti Santo Crea e Samuel Cimarrusti, suoi "diretti referenti" e uomini di fiducia.

"Tutto in famiglia, tutti ragazzi in gamba", li definiva Antonino Chirico, anche lui fermato, in una conversazione intercettata. In cella anche Franco Terlizzi, ex pugile professionista, ex concorrente dell’Isola dei Famosi ed ex pr della discoteca Hollywood, considerato una "testa di legno" dell’organizzazione. Terlizzi, 60 anni, gestiva come prestanome l’autofficina Nuova Milano in via Cimabue 18 a Cormano, riconducibile a Davide Flachi, ora posta sotto sequestro. Carrozzeria che, secondo i pm, era la "base operativa per gli affari illeciti di Davide Flachi, teatro anche di alcune cessioni di stupefacenti" e per "l’occultamento" di droga proveniente dalla Spagna e destinata alle piazze di spaccio.

Attività imprenditoriale utilizzata anche per truffe da migliaia di euro ai danni di compagnie assicurative, attraverso la denuncia di falsi incidenti stradali. Sotto sequestro anche il negozio Roberto Sport in via Fontanelli, nel quartiere di Bruzzano. Una "attività commerciale gestita in maniera occulta da Davide Flachi" specializzata nella vendita e nel noleggio di attrezzature da sci. Fra i luoghi utilizzati per gli incontri e per "pianificare le consegne di sostanze stupefacenti", come emerge dal decreto di fermo firmato dai pm di Milano Gianluca Prisco e Francesco De Tommasi e dal pm di Pavia Andrea Zanoncelli, anche il centro commerciale Metropoli di Novate Milanese, bar e ristoranti a Bresso e Milano.

Le Fiamme gialle hanno documentato centinaia di conversazioni e chat anche attraverso il sistema di messaggistica istantanea Ski Ecc, usato dai narcos per sfuggire ai controlli. Traffici di droga anche destinata alla Svizzera (le indagini, partite da Pavia, si sono estese anche alla Brianza e alla provincia di Varese, con il sequestro di cinque chili di hascisc al valico di Zenna) e acquisti di armi provenienti dai Balcani, fra cui cinque Kalashnikov immortalati nelle chat. "Me le porta un amico slavo – si vantava Flachi – ci porta quello che vogliamo. È un amico di mio padre". L’amico potrebbe essere il trafficante di armi e droga montenegrino Milutin Tiodorovic, ex militare che ha rapporti consolidati con la famiglia Flachi.

Nella rete dei contatti anche un ex carabiniere, Cosimo Caputo, indagato. Terlizzi, secondo le accuse, si occupava di procacciare i clienti per le frodi assicurative. E Caputo li avrebbe indirizzati, per le denunce, alla stazione dei militari di Affori. In un’intercettazione del settembre 2021 l’ex pugile gli dice: "Sono con l’ex moglie di Massimo Oddo (non coinvolta nell’indagine, ndr) sai l’ex del Milan, che deve fare una denuncia perché gli hanno rigato tutta la macchina. Puoi venire tu, mi fai un piacere enorme?".

E si occupa, poi, dei rapporti coi periti compiacenti.Il fermo è scattato perché per la Dda c’era il "pericolo di fuga": Flachi e gli altri sarebbero stati messi al corrente dello "stato dell’indagine". E "in tale contesto si inserisce" la figura di "un ispettore" della Direzione Investigativa Antimafia "che ha fornito diverse informazioni". Un altro anello della catena.

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