
Enrico Pazzali, 61 anni, ex presidente della Fondazione Fiera Milano
"Associazione a delinquere finalizzata agli accessi abusivi a banche dati istituzionali riservate e protette da misure di sicurezza (lo Sdi), corruzione, intercettazioni illecite di comunicazioni informatiche, rivelazione di notizie coperte da segreto e favoreggiamento personale". Sono 202 i capi di imputazione, questi sono solo i principali della lunga lista contenuta in una ordinanza di 204 pagine che chiude il primo filone dell’inchiesta sul caso Equalize. Il maxisistema di cyberspionaggio illecito ha portato la procura a chiedere il processo per 15 persone, tra cui Enrico Pazzali, ormai ex presidente di Fondazione Fiera Milano ed ex titolare dell’agenzia investigativa, e di esperti informatici come Nunzio Samuele Calamucci.
L’ex superpoliziotto Carmine Gallo, braccio destro operativo di Pazzali che fu tra gli arrestati, è morto per infarto a marzo portando con sé buona parte delle informazioni su come funzionava il sistema di spionaggio che, in realtà, cosa accertata, non ha mai avuto la possibilità concreta di "bucare" i server del Ministero dell’Interno, cioè di accedere in autonomia agli archivi del Viminale. Calamucci e Gallo, quest’ultimo stralciato dopo il decesso, avevano collaborato per mesi all’inchiesta.
Il Riesame, invece, si deve ancora pronunciare sul ricorso presentato a ottobre dalla procura a seguito della non convalida da parte del gip Fabrizo Filice dell’arresto di Pazzali. L’avviso di conclusione indagini notificato ai 15 indagati è l’atto che normalmente prelude alla richiesta di processo, salvo deposito di memorie difensive che riescano a confutare le accuse prima della pronuncia. Il gip Filice non aveva disposto la custodia cautelare per Pazzali, ritenendo che non fosse, in realtà, il dominus della ramificata organizzazione, ma solo una figura inevitabilmente marginale, perché non detentore delle “chiavi“, del know how e nemmeno dell’abilità informatica necessaria per le ricerche.
Per i pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro, che hanno condotto le indagini, invece, Pazzali che lavorava in tandem con l’ex superpoliziotto Gallo, suo socio di minoranza in Equalize, avrebbe ricoperto "un ruolo di vertice all’interno del sodalizio, come ideatore, promotore e organizzatore dell’associazione". Anche in virtù della fitta rete di relazioni e di conoscenze di cui godeva, Pazzali, per via del proprio incarico. Stando sempre alle carte della procura il gruppo di cyberspie che ruotava attorno alla Equalize "agiva per finalità di profitto, per la commercializzazione delle informazioni illecitamente acquisite, oppure a scopo estorsivo e ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria". L’attività della rete di spionaggio avrebbe anche avuto lo scopo di "danneggiare l’immagine dei competitors professionali e imprenditoriali di Pazzali", chiamato "zio bello", "il Capo", il "Presidente". Il suo legale, Federico Cecconi, in una nota, si dice "pronto alle oppurtune iniziative difensive". Tra le decine di persone che avrebbero subito le attività di spionaggio ci sono tanti nomi già emersi, come il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini, Giuseppe Biesuz, ex ad di Trenord, Giuseppe Bivona, il politico e banchiere Roberto Mazzotta e alcune ricche famiglie di imprenditori italiani.
Ricerche anche su persone note, legate a Pazzali, come quelle su Ignazio La Russa e i figli.