
Marilisa D’Amico e Maria Pia Abbracchio, prorettrici dell’università Statale di Milano
Una scienziata e una costituzionalista. Entrambe professoresse ordinarie all’università Statale di Milano, prorettrici e mamme. Maria Pia Abbracchio e Marilisa D’Amico il tetto di cristallo lo hanno abbattuto sì. Insieme cercano ora di farlo sfondare anche alle studentesse, alle ricercatrici, alle bambine. "Perché la strada verso la parità di genere è ancora lunga", ribadiscono, dati alla mano. A quattro mani studiano e sperimentano politiche d’ateneo e hanno scritto un libro “Donne nella scienza“, edito da FrancoAngeli, per affrontare il tema da un punto di vista storico e scientifico ma anche per raccontare la loro esperienza, a cuore aperto. "E non è stato facile, l’idea è stata della professoressa Abbracchio: all’inizio ero contraria, ma sono stata contenta di averlo fatto", confessa la prof di Diritto costituzionale, Marilisa D’Amico.
«Ci siamo messe in gioco senza pudori - continua la collega farmacologa -. Credo che sia molto importante raccontare alle ragazze più giovani che chi ce l’ha fatta ha avuto gli stessi problemi e le stesse paure di chi parte oggi". E così Abbracchio si ricorda ricercatrice a Houston, con un test di gravidanza tra le mani. "Volevo figli, sì, e non potevo concepire la mia vita senza; ma come avrei fatto col mio lavoro? Avevo già visto quanto poco era tutelata la maternità nella civilissima America". Confessa le preoccupazioni, racconta la svolta, dà consigli a giovani scienziate. "È arrivato il momento della restituzione. Creare opportunità per i più giovani non è solo una priorità per chi insegna o fa ricerca ma un dovere morale". Condivide D’Amico, che si ripensa al liceo, nel momento della scelta. E ricorda il letto d’ospedale in cui è finita alla vigilia della maturità: ha trovato la forza di rialzarsi insieme al desiderio di iscriversi a Giurisprudenza, affascinata dal diritto, "tanto umano quanto tecnico".
Ripercorre il mondo professionale di quegli anni, ancora al maschile, la tensione alla nascita della prima figlia, coincisa con la candidatura al concorso nazionale da professore associato. E poi la forza ricevuta dai suoi studenti, il concorso da professore ordinario vinto ad appena 36 anni, l’arrivo del secondo e del terzo figlio. "Raggiunta la maturità, familiare e lavorativa, occupandomi di donne e diritti, sto facendo tanto per la divulgazione di questi temi nella società e nel mondo accademico", dice D’Amico, convinta che "l’unica strada sia quella della testimonianza e del lavoro scientifico, nella speranza che il seme gettato faccia nascere altri frutti".
Così incrociano le armi della scienza e del diritto, ribaltano le solite frasi che ancora fanno male e condizionano, sin dall’asilo, fanno emergere dal silenzio le donne scienziate tanto invisibili quanto cruciali. Indicano i dati di Informatica - dove le donne rappresentano ancora meno del 20% degli studenti - i bias impliciti nella carriera, come pure nei finanziamenti alla ricerca. "Tutto dimostrato, scientificamente", ribadiscono raccontando le azioni messe a punto alla Statale, i corsi trasversali sui diritti e i diritti delle donne aperti a tutti gli studenti e l’Human Hall spalancato sul cortile della Legnaia. Un faro. E poi il Re-Starting Grant per favorire il rientro dalla maternità delle giovani ricercatrici non assunte a tempo indeterminato. "Perché deve essere una libera scelta - concludono le autrici -, ma c’è ancora chi si trova davanti l’aut aut: famiglia o lavoro. Non possiamo nascondercelo, dobbiamo fare qualcosa di concreto".