In Tunisia rischia il carcere per debiti: protezione sussidiaria per una donna e le sue figlie

Milano, la decisione della sezione speciale in materia di immigrazione del Tribunale anche perché il carcere per debito è una sanzione scomparsa "da più di centocinquanta anni"

Il palazzo di Giustizia di Milano

Il palazzo di Giustizia di Milano

Milano – Sul suo capo pende l’accusa di non aver saldato un debito con lo Stato. E poiché lo Stato in questione – la Tunisia – prevede per questa fattispecie una sanzione in aperto contrasto con le norme italiane (cioè il carcere), la sezione speciale in materia di immigrazione del Tribunale di Milano ha riconosciuto la protezione sussidiaria a una donna di 50 anni fuggita dal suo Paese di origine con le figlie. La decisione è stata presa per proteggerla dai rischi seri che ricorrerebbe se rimpatriata a causa di un'accusa che lei respinge su tutta la linea.

Questa è la vicenda, come ricostruita nel provvedimento del giudice Pietro Caccialanza. La donna, il marito – da cui nel frattempo ha divorziato – e altre persone, dopo la Rivoluzione dei Gelsomini del 2011, su consiglio di un'amica di lei, si sarebbero limitati a dare i documenti per una iniziativa politica legata alla costituzione di un nuovo partito. Partito che, si legge nell'atto, ha percepito i finanziamenti statali per la campagna elettorale, oltre cinque milioni di dinari, versati dal Ministero dell'Interno sul conto del sedicente presidente, il quale è poi fuggito ad Abu Dhabi con il tesoretto e l'amica di lei.

Oltre all'inganno, la beffa: la donna, con una decina di persone, si è ritrovata a essere promotrice e candidata del Fronte Nazionale Tunisino, un formazione in cui non solo non ha mai svolto la benché minima attività ma del quale nulla sapeva. Eppure, nonostante sia stata 'truffata', è stata condannata, in solido con gli altri, a restituire l'ingente somma con l'aggiunta di una pesante multa. Non avendo i soldi per pagare, per evitare la prigione per una vicenda di cui non si ritiene responsabile, nel maggio del 2018 è fuggita con le due figlie più piccole e ha raggiunto il fratello a Milano. Poiché potrebbe finire per almeno due anni in un carcere tunisino rischiando di essere sottoposta a trattamenti degradanti e inumani – senza escludere "violenze" e "tortura" – ora la donna ha ottenuto un permesso di soggiorno per protezione internazionale sussidiaria.

Anche perché il carcere per debiti è una sanzione che "contrasta" con le norme italiane in quanto è una sanzione scomparsa "da più di centocinquanta anni", cosa che rappresenta "un traguardo di civiltà giuridica, una conquista moderna del nostro Paese".