
Domenico Maurantonio
Milano, 9 maggio 2016 - "Ancora non abbiamo la verità, vogliamo sapere». Ripete così, a chi è vicino alla famiglia, la mamma di Domenico Maurantonio. Domani è un anno da quando lo studente padovano 19enne, in gita scolastica a Milano per Expo, precipitò all’alba da una finestra del quinto piano dell’hotel Da Vinci a Bruzzano, dove dormiva con i compagni, la mattina del 10 maggio 2015. Suicidio o tragica fatalità? O addirittura il terribile sospetto che qualcun altro abbia concorso, in qualche modo, alla caduta?
Un anno dopo non c’è ancora una verità ufficiale sulla tragica fine del ragazzo. L’indagine della magistratura, affidata ai pm Alberto Nobili e Giancarla Serafini, ormai prossima alla chiusura, è servita finora più ad escludere che a spiegare. A escludere, in primo luogo, che un’altra persona fosse presente quando tutto avvenne. Nessuna prova trovata, in questo senso. Sul cadavere del ragazzo nessun segno che non sia compatibile con gli effetti della semplice caduta. E i lividi sul braccio, che avevano fatto pensare a una possibile stretta da trattenuta, sarebbero invece solo effetto di un deflusso sanguigno, dopo lo schianto. I tre consulenti tecnici incaricati dalla Procura - il tossicologo Luca Sironi, il genetista Marzio Capra e il medico legale Giulio Giovannetti - hanno lavorato sei mesi esaminando oltre settanta reperti biologici e oggetti, comprese le bottiglie che i ragazzi in gita si erano scolati quella notte, ma alla fine non hanno trovato nulla di decisivo che possa dare un senso diverso a quella tragedia. Una caduta che pare destinata a restare un incidente.
È sicuro che Domenico precipitò poco dopo l’alba. Fino alle 5 era rimasto a bere e a fumare in camera, insieme ai tre compagni che erano nella stanza con lui. Poi si erano messi tutti a dormire, complice l’alcol, e tre ore dopo il ragazzo era stato ritrovato già cadavere nel cortile dell’albergo. L’ipotesi più probabile, a questo punto, è che Domenico abbia avuto un attacco di dissenteria, poco dopo essersi coricato. Si alzò nel buio della stanza, non mise occhiali né ciabatte e non entrò nel bagno. Uscì invece sul corridoio del piano, forse solo allora cercò una toilette senza trovarla (perché non c’era), lasciò tracce fecali sul pavimento un po’ dappertutto e aprì la finestra del corridoio. Per qualche ragione poi salì sul davanzale (certo non perfettamente lucido) e quindi volò nel vuoto tenendo in mano maglietta e calzoncini.
Prima di chiudere formalmente il fascicolo d’inchiesta, però, i magistrati (che ancora 20 giorni fa hanno riascoltato un testimone) attendono il deposito delle indagini difensive preannunciate dal legale della famiglia, per approfondire eventuali spunti non ancora esaminati. Domani sera, intanto, genitori e amici ricorderanno Domenico con una messa nel suo paese d’origine, mentre il liceo che frequentava, lo scientifico «Nievo» di Padova, gli dedicherà in mattinata un momento di raccogliemento nel cortile centrale della scuola.