SILVIA LODI PASINI
Cronaca

"Devo la vita al coraggio dei mottesi"

Paul Nield ricorda come Agostina De Giovanni nel 1943 salvò suo nonno Charles Browne, soldato inglese sfuggito ai tedeschi

di Silvia Lodi Pasini

"Se sono nato lo devo al coraggio dei mottesi. Non potrò mai dimenticarlo". Si può riassumere in questa frase la bella storia di solidarietà dei tempi della seconda guerra mondiale, un ricordo lontano tornato all’improvviso di drammatica attualità. Una storia di solidarietà umana, che nel 1943 ha portato la famiglia di Agostina De Giovanni di Motta Visconti a salvare la vita a due soldati inglesi fuggiti dal campo di prigionia di Garlasco, sulla sponda pavese del fiume Ticino, nascondendoli per due mesi nella soffitta della propria abitazione, in una vecchia corte oggi in via Don Minzoni. Ed è proprio per manifestare la propria gratitudine ai salvatori di suo nonno e a tutta la comunità di Motta – che ai tempi, pur sapendo degli inglesi nascosti in paese, non ne rivelò mai la presenza ai tedeschi che in paese avevano installato il proprio quartier generale nella centralissima villa del conte Incisa Properzji di Santo Stefano Balbo –, che il cinquantenne inglese Paul Neald, a distanza di quasi 80 anni, ha reso pubblico il “periodo mottese” della fuga verso la salvezza di suo nonno Charles Browne, nato a Liverpool nel 1920, soldato del 2° battagliore Guardie Scozzesi, a soli 18 anni arruolatosi volontario nell’esercito di re Giorgio VI, e mandato in Egitto prima che l’Inghilterra entrasse in guerra. Nel 1942 fu catturato dai tedeschi, e come prigioniero di guerra, insieme a 300 soldati alleati, fu dapprima recluso nel campo di prigionia di Suoni Ben Adem, poi trasferito in Italia. Da un campo di prigionia all’altro cominciò a risalire il Paese coi tedeschi, da Capua a Porto San Giorgio e su fino a Vigevano. In una notte di settembre del ’43, nel corso di un bivacco che i tedeschi decisero di fare a Garlasco, il soldato Browne e il suo amico di prigionia Bill Davies riuscirono a fuggire, e si diedero alla macchia nei boschi del Ticino.

Ed è qui, nella fitta boscaglia del fiume Ticino, che il destino dell’inglese fuggitivo s’intreccia con quello di Agostina De Giovanni e di Motta Visconti. E col destino dell’eroe mottese della Resistenza partigiana Gigi Borgomaneri, suo coetaneo e comandante della 170^ Brigata Garibaldi, che gli salvò letteralmente la vita, permettendogli in abiti civili e con documenti falsi di prendere il treno a Milano e riuscire infine a piedi in mezzo alla neve a riparare in Svizzera.

"Mio nonno e il suo amico non sarebbero mai riusciti senza l’aiuto dei mottesi e di Gigi Borgomaneri e gli altri partigiani ad arrivare in Svizzera – racconta Paul Nield –. Agostina tornò di notte con quattro uomini e li portò al sicuro nel paese di Motta, nascondendoli in casa propria per oltre due mesi. Non erano però i soli inglesi nascosti a Motta, perché un mattino molto presto mio nonno e il suo amico furono portati alla prima messa mattutina e videro altri tre inglesi. Fu allora che il parroco di Motta (don Luigi Casarico – ndr) disse che se qualcuno avesse denunciato quegli uomini, sarebbe per sempre stato bandito da Motta. Nel 1954 mio nonno è tornato a Motta per rivedere Agostina De Giovanni e i suoi amici mottesi e per manifestare a tutti la sua gratitudine per avergli salvato la vita a rischio della loro. Il padre di Gigi Borgomaneri, che aveva contatti stretti coi tedeschi e che passava informazioni ai partigiani tra i quali c’era anche suo figlio, è stato decorato dal feldmaresciallo Lord Alexander, e anche il partigiano Gigi Borgomaneri alla memoria".

"A mio nonno fu regalata la “P” di partigiano in ottone di cui era molto orgoglioso, e che ha voluto sulla sua tomba quando è morto nel 1993. Fino ad allora è rimasto in contatto epistolare con Agostina De Giovanni e suo fratello Angelo. Poi i contatti si sono persi. Quando ho ritrovato in un vecchio baule le foto di mio nonno a Motta con Gigi Borgomaneri, mi sono chiesto se in paese ci fosse ancora qualcuno dei suoi salvatori o qualche loro parente e mi sono messo a cercarli, per far sapere loro quanto io e la mia famiglia siamo grati a loro e a tutti i mottesi per la loro generosità e il loro coraggio. Mio nonno ha sempre avuto in grande considerazione la gente di Motta Visconti". E così, tramite i social, è successo che Paul Nield, che vive a Londra e fa l’elettricista per la Airbus, 80 anni dopo il soggiorno di suo nonno a Motta ha conosciuto Luca Costa, l’unico nipote dei compianti Agostina e Angelo De Giovanni. Luca ha 35 anni e vive da sempre in paese, dove ha aperto una pizzeria d’asporto. Ma soprattutto Paul ha scoperto che il partigiano Gigi Borgomaneri, morto a Motta a poche ore dalla Liberazione nella notte del 26 aprile 1945 in uno scontro a fuoco con una colonna tedesca in ritirata, ha avuto un figlio “postumo” che porta il suo stesso nome e che di professione fa lo storico. "Le foto del nonno di Charles con mio padre mi hanno commosso fino alle lacrime – dice lo storico Gigi Borgomaneri oggi in pensione –. Ero un bambino quando Charles venne a trovare i miei nonni a Milano. Lo ricordo come un gigante altissimo biondo e sorridente, insieme a una bella signora bionda". Di certo ritrovare il nipote dell’uomo che ha conosciuto suo padre partigiano a Motta Visconti, e che anche col suo aiuto si è salvato e ha potuto vivere una vita felice in patria, è un’emozione indescrivibile anche per chi, come Gigi Borgomaneri junior, della storia ha fatto una professione. Ma soprattutto per un paese come Motta Visconti, la cui gente e il cui nome per cinque famiglie inglesi è sinonimo di solidarietà e di spirito umanitario nel pieno dell’inferno della guerra.